Due cosette su due libri

En passant, sul libro di Canfora (in lettura avanzata) e su quello di Barthelme (finito tempo fa), qualche excusatio non petita.

Su "Il papiro di Dongo", di Luciano Canfora, confermo quanto sospettato nel post di giorni fa: non è un romanzo, come invece millanta Adelphi, bensì un testo di storia e di filologia: è la storia della filologia italiana negli anni del fascismo, con i protagonisti, le scoperte, le lotte di potere, le polemiche. Raccontato quasi come un romanzo, ma senza tralasciare nessuna fonte, nessuna lettera, nessun documento. La storia fatta come va fatta.

su "Atti innaturali, pratiche innominabili", di Donald Barthelme, sono in debito di una ‘recensione’ (si fa per dire). Un debito senza creditore, naturalmente, ma sempre tale. Il fatto è che bisognerebbe che lo rileggessi, perché alcuni di quei racconti li ho letti in sonno incipiente; e, siccome non sono una lettura facile, non ci ho capito una beata mazza.
Quindi al momento posso solo dire che vanno letti con animo desto, questi racconti; più di quanto non occorra per leggere "Ritorna dottor Caligari".
Ugh, ho detto.

Ora si comincia a ragionare.

Arrivata oggi la fotocamera digitale nuova (cioè, seminuova) presa su eBay, che viene a sostituire la cassapanca che avevo (un trabiccolo Mustek da 0.9 Mpixel).
Sarebbe una Benq DC C40, ovvero questa qua:
Bella, eh?   Fa 4,1Mpixel; comincia ad essere una definizione decente, anche considerando che mi serve solo per produrre file da mettere in rete.
Stasera mi gusterò una delle letture che più amo in assoluto: i libretti di istruzioni.

Le pagine web dell’anno Mille

In cassetta, con la posta, ecco l’ultimo numero di Alumina. È una rivista che parla di codici miniati. Niente di eccezionale; soprattutto immagini (e costa una cifra: non so perché ma le persone interessate ai codici miniati son considerate automaticamente in classe di reddito alta – maremma maiala).

Comunque. Con l’occasione ribadisco qua i 2 punti della mia Apologia Del Codice Miniato.
L’arte della miniatura è sottostimata. Non ha l’importanza che dovrebbe avere nella storia della cultura e dell’arte occidentale. Perché? Sì, so che del perché e percome non importa granché a nessuno dei lettori di questo blog; tuttavia i Due Perché ci tengo ad enunciarli, e quindi:
1) Prendete un libro di Storia dell’Arte (occidentale, ovviamente). Uno qualunque che copra almeno il periodo dall’arte antica al Rinascimento; anche un’enciclopedia, ok. Se quel libro è, come di consueto, ordinato cronologicamente, ecco che ci troverete – riguardo alla pittura – i graffiti rupestri, gli Etruschi, gli Egizi e tutte le altre civiltà del Mediterraneo; poi i Romani, poi – forse – le pitture funebri dell’Egitto tolemaico, poi Bisanzio. E poi, hop!, un balzo fino al ‘300.
E dei sette secoli precedenti a Cimabue? Che ci resta? Mica i pittori hanno smesso di dipingere per sette secoli, veh! Bene, i codici miniati sono gran parte di ciò che ci resta della pittura dei secoli altomedioevali; e mostrano chiaramente la continuità e la differenziazione delle tradizioni pittoriche durante il disfacimento dell’Impero romano e fino a Giotto. E questo è il primo ‘perché’.
2) Dalla nascita della scrittura ad oggi, quanto modi sono stati inventati per fondere immagini e parole scritte? Pochi; ma proprio pochi. La miniatura è uno di questi. E la cosa notevole è che, dai primi codici miniati ad oggi, l’unica altra invenzione in questo campo è stata il fumetto. Non ce ne sono altre, se si escludono le animazioni (e le animazioni hanno una caratteristica che le allontana decisamente sia dalla parola scritta che dalle immagini: la rigidità della fruizione nel tempo: le animazioni hanno un inizio, una fine ed uno scorrimento che non dipende dal fruitore). Per meglio dire, oggi c’è un’altra modalità di comporre testi e immagini: gli ipertesti, le pagine web; e la caratteristica innovativa delle pagine web, piene di immagini e testi di vari formati, è il link. Ogni elemento grafico o testuale della pagina html può avere un collegamento. Non so quanto questa possibilità sia stata sfruttata al fine di ottenere una fusione di testo e immagini (forse non se ne sente granché l’esigenza, di tale fusione), ma certamente è un’innovazione potente.

Il che mi porta ad aggiungere un Terzo Perché – o meglio: una considerazione a margine, va’. Non trovate una somiglianza tra l’aspetto delle comuni pagine web ed una pagina di codice miniato (vedi immagini)? Un testo che scorre al centro (ma non necessariamente al centro), una serie di decorazioni e raffigurazioni sui quattro bordi. E non sempre le immagini che incorniciano il testo dei codici miniati sono semplici illustrazioni di quel testo. A volte sono cernite dell’iconografia tradizionale; a volte bizzarrie del miniatore. In ogni caso rappresentano dei veri collegamenti evocativi e didascalici, dei  "link mentali" per il lettore.


Balestrinaggio

Come da propositi enunciati proprio in questa sede, ho racimolato un tot di libri di Nanni Balestrini. E per la precisione

Sandokan, Einaudi 2004
Sfinimondo, Bibliopolis 2003
Gli invisibili, DeriveApprodi 2005
Vogliamo tutto, DeriveApprodi 2004
I furiosi, DeriveApprodi 2004.

Son cose che dànno soddisfazione.

Affrettarsi! Più gente entra, più bestie si vedono!

C’è la coda fuori da tribunale per riuscire ad entrare nell’aula del processo alla Franzoni. Si organizzano, prendono persino i numeretti. Qualcuno è venuto da fuori. I telegiornali vengono a riprendere questo spettacolo nello spettacolo, e la schiera dei voyeur non è neanche tanto turbata. Anzi.

Tuttavia costoro sono in effetti un cabaret irresistibile.
Interviste a figuri casuali; perché vengono lì?
Il signore canuto, viene da fuori città: "Voglio guardarla negli occhi!" Sarà invaghito?
La signora obesa: "Ormai bisogna proprio che sappia come va a finire". Paura di non saperlo, da fuori?
La signora avvizzita: "Eh, faccio un corso di diritto, mi sono iscritta all’università della terza età". Tanti processi, proprio qua, eh?
E poi la migliore, la signora-bene: "Sono qui per il bambino, perché voi giornalisti non ne parlate mai, del piccolo Samuele. Voglio dirlo chiaro: di questo bambino non se n’è parlato abbastanza!"