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Considerazioni amatoriali sui libri di Ermanno Cavazzoni

Ieri è venuto Ermanno Cavazzoni in libreria (Les Bouquinistes, Pistoia) ed è stata una cosa molto emozionante. Cavazzoni ha un aspetto conforme alla sua scrittura. Però non ne è il personaggio, come accade per altri grandi scrittori (Giorgio Manganelli fra tutti); piuttosto il demiurgo camuffato da scrivano. Colui che immagina e poi dà forma al suo immaginare. O almeno è in tal guisa che ho provato a ritrarlo (vedi sotto), pur col fardello della gratitudine che provo per le storie che mi (ci) ha fatto leggere.
Dico “leggere”, invece di altro verbo più enfatico, perché negli scritti e nelle storie di Ermanno Cavazzoni la forma, lo stile della scrittura ha un ruolo centrale. Lo stesso vale per tutti i grandi clown della letteratura: Manganelli, Joyce, Gadda, Rabelais e così via.
Di quel tono a tratti naive, a tratti da compilatore dilettante e un po’ svagato, di quel tono si è detto molte volte, ogni commentatore ha cercato di metterlo a fuoco. Non è facile farlo e io non ci proverò. Credo però si possa dire senza tema di smentita che le vicende raccontate, per esempio, ne “La valle dei ladri” o ne “Il poema dei lunatici”, avrebbero un senso molto diverso se non fossero tessute in quella scrittura dai molti registri.
Molti registri? Notava ieri Maccari, a proposito degli articoli contenuti in “Storie vere e verissime”, del gusto per la divulgazione scientifica, della voce del compilatore dilettante. Quello è uno dei registri – o almeno anch’io l’ho notato, anche in “Storia naturale dei giganti”. Ma c’è anche una forma da antico cronista, una da diarista che ignora l’introspezione, una da novellatore rinascimentale o barocco. Però di questi vari registri (cui si deve probabilmente molta della comicità delicata presente in ciascuno dei testi di Cavazzoni), di questi registri non so se sia importante parlarne – e di certo non ne ho la competenza – perché poi c’è uno stile di base che prevale e rende omogenea e inconfondibile la narrazione.
E qui veniamo a quello che, almeno per me, è l’elemento centrale dei libri di Cavazzoni, e che non è costruito solo su quello stile di fondo e sulla forma della scrittura ma anche – o soprattutto – sulle vicende vere e proprie narrate nei vari testi. Qui dovrei fare vari esempi di vicende e personaggi: dall’uomo in pigiama che si perde in una confusa biblioteca notturna cercando i testi per preparare un concorso ministeriale (“Le tentazioni di Girolamo”), al viaggiatore che, seguendo una propria inquietudine, cammina tra i paesi emiliani e i loro personaggi bizzarri (“Il poema dei lunatici”), all’abitante del bassomondo dove è arrivato per sbaglio e da cui non riesce ad andarsene (“La valle dei ladri”) eccetera. Dico invece solo la mia conclusione: quell’elemento centrale che riconosco in tutti i protagonisti dei libri di Cavazzoni è la disincantata innocenza, la disillusa purezza di chi vede l’assurdità e la comicità e  del mondo e in ciò trova un po’ di divertito conforto.

“Disincantata innocenza” e “disillusa purezza” sono bègli ossimori (credo) ma non so se bastano a spiegare ciò che intendo, vale a dire l’impressione che mi fanno certi protagonisti e certe voci narranti dei libri di Cavazzoni. Mi rendo conto che dovrei sviluppare. Così fanno i bravi critici letterari. Ma non essendo io critico letterario, rimando ciò a scritti futuri che mi auguro scriveranno altri.

Volevo comunque annotare altre due cose che ho pensato. La prima è che, nello scrivere queste brevi riflessioni, mi è tornato in mente il libro di William Gaddis “Agape, agape” (uscito postumo per volontà dell’autore) e la sua tesi per cui oggi gli scrittori, e gli artisti in generale, possono scrivere solo per i loro simili, solo pensando di arrivare a un pubblico limitato.
L’altra cosa che ho pensato è che mi piacerebbe rendere con le immagini le storie di Cavazzoni ma forse ciò non è possibile; o forse, per trasporre in immagini quella voce così caratterizzata da uno stile di scrittura, si dovrebbe rinunciare del tutto al testo originale. Non lo so. Bisogna che provi