Come previsto alla vigilia, la Direzione nazionale del Partito Democratico non ha visto clamorose rotture, cambi di marcia, scontri interni ufficializzati. Alla fine si serrano i ranghi e si vota a larghissima maggioranza (unanimità, in pratica) la relazione del segretario, riassunta e integrata da alcuni spunti usciti dal dibattito-fiume.
Dunque cosa esce dalla riunione di ieri, molto attesa alla vigilia per via delle molte magagne capitate nelle ultime settimane al partito di Veltroni (lo scontro interno “smutandato” dal pizzino del senatore Latorre, l’esternazione-ultimatum di Veltroni, le varie vicende giudiziarie franate come macigni su varie amministrazioni locali targate PD)? Esce pochino.
Veltroni ha chiesto e ottenuto il potere (previsto dallo Statuto del partito) di commissariare le federazioni locali ove ci fossero “problemi”.
Ha poi annunciato la creazione di una scuola di formazione degli amministratori nel Mezzogiorno, alla quale dovrebbe partecipare Saviano (pura propaganda, ahimé).
Ha anche ricordato le proposte anticrisi economica del PD (per rispondere all’accusa di mancanza di proposte concrete, suppongo).
Ha infine rilanciato l’attuazione delle cose che ancora mancano nel processo di costituzione del PD: tesseramento, approvazione degli Statuti, discussione della forma di partito che lo Statuto delinea e incentivazione del rinnovamento della classe dirigente. Cioè, in pratica, ha rimandato alla Conferenza programmatica di marzo 2009 per un più approfondito check up.
Cosa è mancato, a mio parere, tra le decisioni di ieri?
È mancata una decisione radicale e intransigente riguardo agli amministratori e dirigenti invischiati in vicende giudiziarie o anche in vicende eticamente censurabili. Un criterio draconiano.
ED è mancata naturalmente una resa dei conti tra le correnti interne: la relazione accontenta un po’ tutti senza sciogliere i nodi (con Di Pietro abbiamo già rotto, per ora; il PD pensa ad una forma federale; siamo un partito nuovo e non la federazione di due partiti vecchi; siamo gente perbene e i disonesti li cacciamo via; Berlusconi non parla con noi, il cattivo è lui). Solo Follini e un gruppo di membri della Direzione hanno fatto votare documenti con posizioni più radicali, respinti. Le varie anime del PD depongono le armi (pare) e danno fiducia al segretario, ma senza che Veltroni ne esca rafforzato.
Di conseguenza è mancata anche la scelta di cambiare il modo di fare opposizione. La paroletta decisiva (“regime”) che Veltroni aveva pronunciato all’indomani del “colpo di mano” in Commissione di vigilanza RAI sembra sparita.
Tutto rimandato, dunque. Forse in attesa di altra batosta elettorale.