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Una proposta per Pistoia

La bozza di progetto che segue era stata preparata per il Bando per nuove idee della Fondazione Caript, scaduto a settembre scorso. Purtroppo non feci in tempo a completare la proposta e a partecipare con essa a quel bando (i preventivi sono una cosa lunga); perciò ho pensato di renderla pubblica per vedere se la cosa possa produrre interesse e coinvolgimento, e magari suscitare qualche idea ulteriore.

Arte e verde per Pistoia
Pistoia ha molti spazi verdi interni all’abitato e moltissime aree verdi nelle immediate vicinanze dell’abitato. La rilevanza del settore vivaistico ha avuto, dal dopoguerra ad oggi, l’effetto involontario di limitare l’espansione dell’edificato: rispetto alle altre città della pianura che va da Pistoia a Firenze, la zona pistoiese mostra un tasso di urbanizzazione assai inferiore. Ciò nonostanti gli errori, i ritardi e i molti cambiamenti nella pianificazione urbanistica (vedi Giuliano Beneforti, “LA PIANIFICAZIONE URBANISTICA A PISTOIA NEL DOPOGUERRA (1949 – 1972)”).
Tale percorso ha fatto sì che il verde pubblico, in molti casi, sia rimasto non valorizzato né adeguatamente mantenuto, nonostante una inversione di tendenza in tal senso si sia evidenziata negli ultimi anni.
Ciò che continua a mancare è una visione di insieme del patrimonio di verde pubblico e privato, e una adeguata progettazione con la forza di durare nel periodo necessario alla sua attuazione (la falla di fondo nella pianificazione svolta dalle Amministrazioni comunali, di fatto, è che in ogni mandato si modifica quanto impostato nel precedente prima che la progettazione di insieme abbia il tempo di svilupparsi).
Naturalmente la pianificazione urbanistica nel suo insieme, e quindi anche la parte che riguarda le aree verdi, resta una competenza specifica delle Amministrazioni comunali. Per questo un progetto complessivo che voglia valorizzare tale patrimonio deve puntare alla collocazione di elementi che si inseriscano nelle aree verdi, pubbliche o anche private, definite dagli strumento urbanistici di legge, al fine di impreziosirle e accrescerne l’attrattività.

L’obbiettivo del progetto è dunque arricchire la città di Pistoia, sia verso i cittadini che nell’immagine e nell’attrattiva che essa ha verso l’esterno, valorizzando uno dei suoi maggiori patrimoni: il verde pubblico e privato.
L’idea di fondo è di rendere le aree verdi elementi di un percorso artistico e culturale, inserendo in tali aree (anche nelle più piccole) delle opere di Land Art – ovvero opere d’arte realizzate appositamente per ciascun giardino pubblico o area verde in modo da armonizzarsi con essi e con la città – fino a creare un percorso attraverso la città e le aree viciniore che si sposi con l’identità storica e imposti l’immagine futura di Pistoia come città di verde e di cultura.
Inoltre, il percorso tra le aree verdi urbane può essere “tessuto”, se necessario, inserendo interventi di Street Art – quindi pitture o decorazioni murali ad hoc – che traccino il passaggio non solo tra i vari giardini e parchi ma anche tra i temi e contenuti delle opere inserite in quei giardini.

In realtà le pitture murali, appositamente commissionate, sono un tratto che può diventare ben più che l’arricchimento del percorso tra le varie zone verdi: in tutte le città del mondo, ormai, la Street Art è divenuta un linguaggio di arredo urbano e di vitalità culturale ampiamente accettato e “sdoganato”. Ovunque, continuamente, si realizzano grandi pitture murali pubbliche e private, commissionate agli artisti e progettate con loro. I “graffiti” sono usciti già da un trentennio dalla clandestinità e dall’illegalità; basta girare le città europee per vederlo.
Il vantaggio, in fase di realizzazione, di questi elementi pittorici rispetto alle opere di Land Art vera e propria è il costo generalmente molto più contenuto.

Tornando alla proposta di insieme, si tratta quindi non di opere d’arte o progetti di land art presi e collocati in spazi locali, ma di un progetto di insieme all’interno del quale invitare artisti da tutto il mondo a creare la propria opera appositamente per Pistoia, nello spirito di quel progetto e nelle tematiche convenute.
In tal senso Pistoia ha anche, come riferimento, il Parco Museo di Celle a Santomato, ovvero la principale raccolta di opere di land art in Europa: una realizzazione privata che rappresenta comunque un importante e celebre esempio di arricchimento del territorio attraverso interventi artistici inseriti nel paesaggio.

La durata di questo progetto è evidentemente pluriennale. Tuttavia la fase di ideazione, progettazione complessiva e la realizzazione di un primo intervento di land art possono rientrare in circa 12 mesi, includendo in ciò, appunto,
– la mappatura delle aree verdi pubbliche o private e le loro caratteristiche storiche e architettoniche,
– la scelta delle tematiche e dei riferimenti culturali da adottare,
– il progetto urbanistico,
– la scelta dell’artista o degli artisti,
– la realizzazione della prima opera,
– la pubblicazione del progetto di insieme.

BENEFICIARI DEL PROGETTO
Il progetto punta a valorizzare e far conoscere la città di Pistoia, quindi i beneficiari sono i cittadini pistoiesi; sia come fruitori diretti delle aree verdi, sia attraverso l’accresciuta attrattiva della città verso l’esterno.

RETE COINVOLTA
I principali soggetti da coinvolgere in modo proficuo credo siano l’Amministrazione comunale, il Museo di Celle, altri privati o enti interessati. Naturalmente questi soggetti possono cercare di ottenere finanziamenti pubblici e privati in ambito regionale ed europeo.

ASPETTI INNOVATIVI
Come si evince dalla descrizione, il punto originale di questo progetto sta nel pensare e pianificare un elemento importante dell’identità futura della città di Pistoia sfruttando una delle sue principali ricchezze (il verde) e sposandosi con la storia della città al fine di accrescerne l’attrattiva sia verso l’esterno (turismo) che verso l’interno (arricchimento culturale). Sappiamo tutti che la cultura e l’arte sono la grande ricchezza italiana che tutto il mondo riconosce e viene a vedere. Perché tale patrimonio non sia solo un enorme museo, e perché gli italiani non diventino solo i conservatori di quel museo, occorre trovare in quell’ambito elementi di rinnovamento, di sviluppo, di trasformazione nella continuità che permetta anche ai cittadini di una piccola città di uscire dal provincialismo senza perdere la propria identità. Ciò rappresenta probabilmente un’utopia, ma questa proposta – ancora molto aperta e da definire – va concretamente in tale direzione.

Paolo Beneforti

E Michele Serra inciampò nelle statistiche

Michele Serra, celebre editorialista di sinistra, si è cimentato pochi giorni fa in un commento dei primi dati del censimento 2011. E, ahilui!, ha toppato alla grande (si dice ancora “toppare alla grande”?).

Infatti Serra apre il suo elzeviro di costume notando che “rispetto al 2002 c’è un aumento molto consistente degli edifici censiti: oggi sono 14 milioni e rotti, l’undici per cento in più in soli dieci anni. Nello stesso periodo la popolazione è cresciuta solo del 2,5 per cento: siamo 59 milioni e mezzo.” E ne deduce che “questi due dati, incrociati, sembrano dare ragione a chi denuncia una cementificazione indiscriminata e immotivata (o motivata solo dalla speculazione) del nostro territorio.

Ora, sorvolando sul fatto che Serra guarda il dato degli edifici e non quello delle sole abitazioni (*) , c’è un altro dato del censimento che Serra riporta più avanti nel suo articolo, non accorgendosi che smonta la sua considerazione precedente: il numero delle famiglie. Infatti le famiglie italiane sono aumentate in questo decennio. Di quanto? Guarda un po’, del 12%, più degli edifici! (Vedi opuscolo Istat, pagina 15.)

Le famiglie di oggi sono più piccole, però – probabilmente – hanno lo stesso il desiderio di avere una casa propria; quel desiderio che Serra e tanti altri chiamano “cementificazione”.

 

(*) Le abitazioni sono aumentate solo del 4,6%, come si può vedere nel sito Istat, in questo pdf, pagina 17.

Immigrati e sviluppo urbanistico: un punto da chiarire

Il numero di abitanti di Pistoia comune è aumentato in 10 anni di circa il 9% (da 84185 a 90288). Questo nonostante il saldo naturale costantemente negativo (intorno al -0.3% l’anno).
La crescita è dovuta infatti all’immigrazione.

Dal 2001 al 2010 la popolazione è aumentata di 6000 unità.
Significa 150.000mq di superficie residenziale dove questa gente abita. Fanno circa 1.900 unità abitative in più (questi numeri riguardano solo i residenti).
Gran parte di questi nuovi abitanti sono, dicevo, immigrati. Gli immigrati residenti sono oggi circa 8000. Di questi, quasi la metà sono nati in Italia. (Poi ci sono circa 3.700 stranieri “regolarmente presenti”, dato Migrantes Caritas al 2011)

Ora, un trend di crescita della popolazione pone evidentemente una questione urbanistica: dove devono abitare i futuri cittadini pistoiesi se si decide di bloccare la crescita edilizia?
Magari gli immigrati residenti non si comprano la casa nuova, ma questo non cambia niente: una casa devono averla.

Per un partito che, come il PD, professa l’accoglienza degli immigrati regolari, c’è una contraddizione evidente tra tale linea e quella della crescita a zero volumi indiscriminata: se c’è domanda di abitazioni, vanno costruite oppure gli immigrati si mandano a vivere nelle baracche e nelle occupazioni abusive di ruderi? E’ un nodo ancora non evidenziato, ma che verrà al pettine.

È evidente che gli immigrati sono una risorsa (come ripetono Bersani e Napolitano), e che non c’è ripresa economica senza di loro; ma è anche chiaro che la loro integrazione passa prima di tutto attraverso la disponibilità dei servizi essenziali, tra cui l’abitazione.

Quell’Istituzione per sostituire le Province

(Lettera inviata alla stampa locale, in versione integrale – ché la versione per i giornali è molto più corta).

Update: la lettera è uscita sul Tirreno di Pistoia del 26 agosto

La parte edificata della pianura Pistoia-Prato-Firenze

In séguito al Decreto Legge per la Manovra aggiuntiva del 13 agosto, la provincia di Pistoia risulta tra quelle soppresse. La domanda venuta subito alla mente di qualche cittadino pistoiese è stata “E ora che ci facciamo con le nuove sedi della Prefettura e della Questura che si stanno ultimando nell’Area ex Breda?”. Infatti il DL che sopprime le province sotto i 300.000 abitanti specifica che “la soppressione delle Province di cui al comma 1 determina la soppressione degli uffici territoriali del governo aventi sede nelle province soppresse”.

Naturalmente, quale che sia l’istituzione sovracomunale che sostituirà la Provincia di Pistoia, sedi locali succursali per la Questura e la Prefettura ci saranno ugualmente (o almeno si spera).

Ma la questione spicciola sul destino del grande edificio di 12.000mq che è sorto nell’Ex Breda porta ad una riflessione più ampia sul governo del territorio dopo lo sviluppo degli ultimi 30 anni e sull’esigenza di adeguare le istituzioni per tale funzione.

Esiste già uno strumento istituzionale che sta tra la Provincia e la Regione: è la Città metropolitana(da non confondere con l’Area metropolitana). Almeno, esiste sulla carta; è stato istituito con la Legge 142/1990 e successivamente confermato nel Testo Unico Enti Locali (Legge 267/2000). E’ stata persino inserita nella Costituzione, la Città metropolitana, con la riforma del Titolo Quinto (Legge Costituzionale n. 3/2001). Secondo la legge, le Città metropolitane, ove istituite, sostituiscono le Province e svolgono tutte le loro funzioni – più alcune altre.

Non sembra un istituto fatto apposta per la situazione creata dal DL di Ferragosto, con la sua maldestra soppressione di alcune Province? Questo almeno per le zone dove per legge è già delimitata un’Area metropolitana (e la zona Firenze-Prato-Pistoia è tra queste).

Ecco dunque che questo DL pieno di iniquità e incertezze offre almeno l’occasione per smuovere il localismo di campanile e le esigenze politiche di casta che hanno bloccato per 20 anni la costituzione della Città metropolitana FI-PO-PT, nonostante il gran parlare che si è fatto di “area metropolitana” o “area vasta”.

Le Città metropolitane nascono infatti, sulla spinta del decentramento portato dalle leggi scritte da Franco Bassanini, per l’esigenza di governare aree che si sono sviluppate di fatto con una omogeneità e organicità che richiede di superare le divisioni territoriali risalenti a due secoli fa e ormai obsolete. Mentre i Comuni mantengono un’importanza sostanziale per il governo di una comunità cittadina, la divisione in province della pianura che va da Pistoia a Firenze è oggi solo un ostacolo allo sviluppo di quell’area, e un ostacolo al governo di tale sviluppo da parte delle istituzioni democratiche.

La pianura Firenze-Prato-Pistoia (escludendo la Valdinievole, le zone montane e la zona Empoli-Valdelsa) comprende 24 Comuni, da Pontassieve a Serravalle, e tre province.  In quest’area operano 24 piani regolatori e 3 piani territoriali provinciali che non sono adeguati a governare un territorio con queste dimensioni e potenzialità di sviluppo. Lo dimostra il fatto che, dopo la crescita degli ultimi decenni, oggi quest’area fisicamente è già una città per densità edilizia e abitativa e lo sarà sempre di più (fino alla saturazione).

Che se ne prenda coscienza o meno, la “città metropolitana” è già e lo sarà sempre di più – questo è il punto – una realtà concreta (la foto lo dimostra anche visivamente).

Per governare tale sviluppo – e non lasciarlo al caos generato da 24 PRG e 3 PTC – si devono sfruttare due fatti positivi: il primo è il fatto che l’area non è ancora satura e conserva ampi spazi agricoli (in rapida diminuzione) che offrono la possibilità di governare le esigenze dello sviluppo e organizzare il territorio. Il secondo è che la tendenziale saturazione avviene per crescite policentriche: ogni centro si è sviluppato secondo caratteristiche e indirizzi specifici da difendere e valorizzare ma che rischiano, se non controllate globalmente, di portare all’esplosione quando logiche di crescita estranee fra loro arriveranno alla collisione (come in parte  sta già succedendo nella parte est dell’area fra Prato e Firenze).

E’ assolutamente necessario, e non da ora, un governo unitario dell’area per affrontare adeguatamente e unitariamente i fenomeni di trasformazione e di sviluppo economico e delle conseguenti  esigenze insediative, industriali, infrastrutturali (aeroporto, metropolitana e asse viario centrale per citarne tre),  turistiche e della organizzazione dei servizi.  Lo strumento per attuare questo governo è la Città metropolitana.

Finora esigenze politiche di casta  hanno impedito di affrontare questo problema e si è risposto all’esigenza di un governo unitario istituzionale con un fuorviante coordinamento che considera l’area  metropolitana una strutturazione territoriale del Piano Regionale di Sviluppo – cosa giusta, ovvia, ma assolutamente ininfluente rispetto alla necessità di una struttura istituzionale di governo.

Occorre valutare per tempo questi fenomeni provvedere con ampio anticipo, finchè si può ancora allestire strutture all’altezza delle necessità di una conurbazione di questa natura – necessità che per altro, stanti le esperienze di altre situazioni analoghe, sono facilmente prevedibili.