Immigrati e sviluppo urbanistico: un punto da chiarire

Il numero di abitanti di Pistoia comune è aumentato in 10 anni di circa il 9% (da 84185 a 90288). Questo nonostante il saldo naturale costantemente negativo (intorno al -0.3% l’anno).
La crescita è dovuta infatti all’immigrazione.

Dal 2001 al 2010 la popolazione è aumentata di 6000 unità.
Significa 150.000mq di superficie residenziale dove questa gente abita. Fanno circa 1.900 unità abitative in più (questi numeri riguardano solo i residenti).
Gran parte di questi nuovi abitanti sono, dicevo, immigrati. Gli immigrati residenti sono oggi circa 8000. Di questi, quasi la metà sono nati in Italia. (Poi ci sono circa 3.700 stranieri “regolarmente presenti”, dato Migrantes Caritas al 2011)

Ora, un trend di crescita della popolazione pone evidentemente una questione urbanistica: dove devono abitare i futuri cittadini pistoiesi se si decide di bloccare la crescita edilizia?
Magari gli immigrati residenti non si comprano la casa nuova, ma questo non cambia niente: una casa devono averla.

Per un partito che, come il PD, professa l’accoglienza degli immigrati regolari, c’è una contraddizione evidente tra tale linea e quella della crescita a zero volumi indiscriminata: se c’è domanda di abitazioni, vanno costruite oppure gli immigrati si mandano a vivere nelle baracche e nelle occupazioni abusive di ruderi? E’ un nodo ancora non evidenziato, ma che verrà al pettine.

È evidente che gli immigrati sono una risorsa (come ripetono Bersani e Napolitano), e che non c’è ripresa economica senza di loro; ma è anche chiaro che la loro integrazione passa prima di tutto attraverso la disponibilità dei servizi essenziali, tra cui l’abitazione.