Strateghi

Bersani e molti altri esponenti della maggioranza interna del PD si sono sbilanciati, nei mesi scorsi, auspicando un’alleanza elettorale che comprendesse l’UDC (alleanza che ai cattolici del PD, come Fioroni, va ovviamente benissimo).

L’UDC, da parte sua, è sempre rimasta scettica riguardo a tale possibilità. E ha negato esplicitamente ogni possibilità di accordo col PD che comprendesse anche la sinistra vendoliana.

Ora Casini dice che è disposto ad entrare a sostegno del Governo Berlusconi (con le dovute condizioni), dimostrando di essere di fatto, al di là dei programmi e delle idee, una parte del centrodestra.

Ora, il punto che volevo sottolineare non riguarda tanto le dinamiche di queste settimane di grande tatticismo e continui colpi di scena, o il ruolo che svolge il PD in tale palinsesto. Piuttosto il fatto che l’elettorato del PD ha percepito la prospettiva dell’alleanza con Casini come un rospo da ingollare(*), come uno scivolamento al di fuori dell’area nella quale il Partito Democratico ha cominciato faticosamente a costruire una propria identità negli ultimi 12 mesi. E il fatto che la “linea” sostenuta dal Segretario nazionale – l’alleanza con l’UDC – sia stata scornata dal 2 di picche di Casini (che pensa ormai solo a consolidare il terzo polo di centro) fa perdere credibilità a Bersani e Letta di fronte ai propri elettori. Sottolineo: di fronte ai propri elettori. La base del PD non ama le scelte strategiche; le vive come un sacrificio. E aver detto di esser disposti ad allearsi con Casini è stato un sacrificio che non ha portato nessun risultato che lo ripagasse.

(*) L’eventualità di un dover ingollare un rospo ancora più grosso aprendo ad un’alleanza elettorale con Fini, presentata da Rosy Bindi pochi giorni fa, quella credo invece che non l’abbiano accettata proprio.