Dimissioni

Silvio Berlusconi, da tre giorni, è di nuovo imputato per corruzione e per appropriazione indebita.

In effetti era imputato anche prima. Ma una legge dello Stato – che ora sappiamo essere incostituzionale (e che è quindi abolita) – diceva che non si poteva giudicarlo finché era Presidente del Consiglio. Ora invece la Corte costituzionale ha stabilito che lo si può processare eccome.

La Corte ha chiarito infatti che, finché abbiamo questa Costituzione qua, non si può invocare una sorta di ragion di Stato per proteggere l’esercizio delle funzioni delle prime quattro cariche istituzionali dai processi intentati alle persone che occupano quelle cariche. L’investitura del voto popolare (indiretta, dato che quelle cariche sono votate dai parlamentari) non è il bagno salvifico che lava – seppur temporaneamente – dai reati compiuti da chi quelle cariche occupa (*).

Questo cambia un po’ le cose, rispetto a tre giorni fa. Silviolo era imputato anche tre giorni fa, certo, ma tre giorni fa lo si doveva considerare “lavato” (oltre che unto) dal popolo sovrano. Ora non più. Ora ora abbiamo un premier che sarà sottoposto a processo, per accuse gravissime, mentre è in carica.

Ferma restando la presunzione di innocenza, questo cambiamento di cose dovrebbe bastare perché i cittadini (una parte dei) e le forze politiche di opposizione tornassero a chiedere al premier di dimettersi per salvaguardare l’istituzione che rappresenta. Dico tornassero a chiedere perché chiaramente avrebbero dovuto chiederle subito, quelle dimissioni, all’apertura dei processi (una volta la gente si dimetteva per gli avvisi di garanzia, mi pare di ricordare) (**). Ma l’opinione pubblica, come si sa, è scomparsa dalla scena politica italiana. E la maggiore forza di opposizione non ha ancora deciso se fare opposizione o aspettare semplicemente le prossime elezioni.

“Che libito fe’ licito in sua legge/ per torre il biasmo in cui era condotta.”

Ciò nondimeno la sentenza con cui la Corte costituzionale ha liquidato il Lodo Alfano rappresentava un’occasione forte per attaccare il premier, per ricordare e denunciare con forza i suoi tentativi di porsi al di sopra della Legge facendo modificare la Legge stessa (come la Semiramide di Dante, “che libito fe’ licito in sua legge/ per torre il biasmo in cui era condotta”, Inf. V, 19) .

E poi, se questo non fosse bastato, ci sono state le immediate, gravissime dichiarazioni di B che ha sparato a zero contro la Corte costituzionale (“Non è più un organo di garanzia” ed è di sinistra), contro la Presidenza della Repubblica (viene dalla sinistra, “mi ha preso in giro“), contro la Magistratura in generale (“vuole sovvertire il risultato del voto“).

Il Capo del Governo che diffama e delegittima le altre principali cariche istituzionali della Repubblica! Non basta a chiedere le dimissioni? Per molti, no. Per il Partito Democratico, no. Lo scontro duro si preferisce evitarlo anche quando dalla maggioranza arrivano sganassoni e picconate ai fondamenti della democrazia.

Persino quando, subito dopo il verdetto dell Corte costituzionale, il Berlusconi Furioso ha telefonato in trasmissione a Porta a porta e si è lanciato in un monologo senza freni, ripetendo gli attacchi contro la Corte e Napolitano, nessuno dei politici di opposizione presenti in studio ha osato interromperlo e fargli notare la follia eversiva delle sue accuse; o lo ha sfidato (per dire) a chiedere le dimissioni di Napolitano e dei giudici costituzionali “di sinistra”, e salvaguardare così le istituzioni che questi rappresentano! Né Casini (e vabbè…) né Rosy Bindi hanno alzato la voce per fermare il monologo (la Bindi, che ha provato ad obiettare una volta finita la sfuriata, si è rimediata un insulto vergognoso – altro segno dell’arroganza di chi si sente padrone e al di sopra di tutti). B tira cazzotti, con l’efficacia comunicativa che tutti gli riconoscono, e gli altri incassano. Mantengono l’aplomb. Affrontano uno che lotta senza regole né rispetto come se facessero una canasta o una disputa accademica. Come se mancassero gli argomenti per rintuzzare le sparate di B!

No. Un giocatore rovescia il tavolo (da 15 anni) e noi che facciamo? Raccogliamo educatamente le carte.

Il PD, insomma, anche stavolta non ha minimamente attaccato B – tanto meno ne ha chiesto le dimissioni – rifugiandosi dietro svicolamenti tipo Noi giudichiamo Berlusconi per l’azione del suo Governo, non per le sue vicende giudiziarie. Ma dietro a questa posizione ufficiale c’è anche quella di chi le teme, le eventuali dimissioni di B! (Brr! Se si torna alle urne ora prendiamo una mazzata!). E c’è anche la posizione di chi dice “ma tanto lui non le dà, le dimissioni, che le chiediamo a fare?”. Ecco, un partito di opposizione che ragiona così, che fa calcoli di opportunità su qualunque cosa, che teme le elezioni, che rinuncia a dare voce all’indignazione di tanti cittadini e che non difende le istituzioni, ecco, quel partito ci ha rinunciato del tutto, a fare l’opposizione.

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(*) I difensori di B hanno sostenuto che, stante l’attuale legge elettorale, il PresdelCons è come se fosse stato eletto direttamente dal popolo; il che avrebbe giustificato una diversa applicazione della legge nei suoi confronti. La Corte costituzionale ha detto (pare, si attende la motivazione) che non è vero. Ma, se anche fosse stato vero, non si capisce come ciò avrebbe giustificato il fatto che il Lodo Alfano si applicava anche ai Presidenti delle Camere e al Presidente della Repubblica, che eletti dal popolo non sono di sicuro, né formalmente né “come se”.

(**) Chiaramente la consuetudine di dimettersi in caso di beghe penali pesanti dà un potere considerevole al Potere giudiziario sugli altri due poteri dello Stato; e ciò avrebbe probabilmente bisogno di una regolamentazione (una volta c’era l’immunità parlamentare; e, nel caso di processi a ministri per atti compiuti nell’esercizio della carica, il tribunale era formato dalla Corte costituzionale, con un solo grado di giudizio). Senza rinunciare al garantismo, si potrebbe forse pensare ad una procedura di urgenza che permetta di chiarire in tempi brevissimi se le accuse a membri del Governo o delle istituzioni hanno un fondamento o meno. (Ricordiamo che Giovanni Leone, dimessosi per uno scandalo per il quale non fu neanche rinviato a giudizio, era innocente.)