Vita da single/28

No, che una volta, in agosto, se stavi in città, almeno c’era quella desertificazione straniante per cui c’era gente che spariva, altra che ritrovavi dopo anni (e con la quale scattava quella fraterna solidarietà dei compatrioti che si incontrano nel medesimo campo di prigionia); il traffico si mutava in una sorta di nomadismo da dopo-bomba; i negozi usati eran chiusi e toccava scoprirne di altri, remoti e mai sospettati. Era come vivere in un’altra città, il che, insomma, un po’ poteva dare l’impressione di esserci andati, in vacanza: una vacanza in un luogo non proprio turistico (*) ma decisamente misterioso. Persino i programmi tv sembravano teletrasportarti in un’altra epoca.

(*) A meno che uno non abitasse in una città superturistica, ok, problemi suoi.

Danielewski, l’homophily e il web

Mio zio ha letto "Casa di foglie". E in rete si parla di "omofilia".
Che c’entra? Non tanto, solo un collegamento nella mia testa. Che spiego.

Partiamo dall’ homophily. L’articolo su D di Repubblica riprende uno spunto partito da The Atlantic e discusso dai guru del web. Il succo: la tendenza a leggere siti e blog che la pensano come noi e ci assomigliano è un limite all’accrescimento individuale e all’utilizzo delle potenzialità del web.  Sul confine tra il "chi si assomiglia si piglia" e "l’avere i paraocchi", insomma.
Sinceramente mi pare un po’ una scoperta dell’acqua calda, raccontata anche una certa superficialità (almeno per ciò che ho letto).
Voglio dire, che senso ha fare questa osservazione riferendosi in generale alle "frequentazioni" di una persona sul web? È ovvio che ci sono siti e blog che si leggono per divertimento, socialità ed evasione ed altri che si leggono per informarsi, capire, conoscere. La tendenza "omofiliaca" non è certo un problema per il primo gruppo di casi, e vorrei sapere se i dati che mostrano tale tendenza fanno questa distinzione.
E d’altra parte, quando si critica e si discute qualcosa, e si dice la propria opinione – su una posizione politica, su un fatto, su un film, su un pettegolezzo – credo che sia normale leggere anche le posizioni contrarie alla propria (sennò come si fa a confutarle?),  e ciò lo si fa proprio sul web, dove è possibile aprire con un click la pagina di un giornale odioso o di un blog schierato su posizioni diverse dalle nostre (anche se magari si parte dal blog che ha opinioni affini alle nostre.

Il post di Sofi sull’homophily, però, la prende più larga, e parla di come l’uso massiccio di media come il web possa cambiare le persone più di quanto esse stesse sospettino. E cita Nicholas Carr (su "The Atlantic") che confessa, dopo 10 anni di uso continuo della rete, di non riuscire a leggere un libro per più di 5 minuti senza deconcentrarsi.

"Casa di foglie"
Qua spunta il collegamente tra la discussione sull’omofilia e il romanzo di Mark Danielewski. Infatti mio zio, come molti altri, trova che le acrobazie di impaginazione, così abbondanti in quel libro, siano un po’ un giochetto, una cosa che dopo un po’ stanca.
Bene, per farla breve, io credo che il fatto che io invece abbia apprezzato davvero quella caratteristica di "Casa di foglie" possa dipendere dal fatto che da 10 anni leggo pagine web (senza peraltro aver subito alcun calo della capacità di leggere tomi cartacei). Insomma, io ricordo la fatica e il fastidio che provavo 10 anni fa nel leggere le pagine dei portali, dei giornali e di molti siti: le cose da leggere stavano sparse qua e là nella pagina, in blocchetti e box con font e colori diversi. E poi c’erano i link. Se volevi vedere quel che c’era in quella pagina era molto faticoso, all’inizio.
Ecco, "Casa di foglie" ha molte pagine fatte così, con blocchi diversi di testo e paragrafi distinti ma paralleli giustapposti nella stessa pagina(*). Questo aspetto cozza con la normale e consolidata abitudine a leggere una riga dopo l’altra, un discorso dopo l’altro – in serie, non in parallelo. Danielewski invece ha introdotto nella scrittura letteraria, in modo abile e consapevole, l’effetto destabilizzante e "antinarrativo" di un’impaginazione che costringe a leggere in modo diverso.

In sostanza, sospetto che si possa leggere un romanzo come "Casa di foglie", senza essere buttati fuori ad ogni pagina dalla "suspension of disbelief" e dal pathos narrativo, grazie all’abitudine a leggere sul web. Del resto il romanzo di Danielewski, almeno secondo la leggenda, è nato sul web.

(*) Il romanzo successivo di Danielewski, "Only revolutions", fa un uso ancora più estremo dell’impaginazione: forse eccessivo, non so: non sono riuscito a leggerlo ancora.

Berly e Saccà, atto secondo – In tv

Sky Tg24 è un telegiornale filo-berlusconiano, e questo è noto. Stasera, in una volta sola, due interviste "inginocchiate": prima a Berly e poi a Saccà.
Già che c’erano potevano metterli in contatto telefonico tra loro, no?

Agostino Saccà si professa perseguitato ed innocente, raccontando la sua verità senza che l’intervistatrice dica una parola, anche solo per intercalare il monologo.

Ma il momento più divertente è stato quando l’ex direttore di Rai Fiction ha rivelato la ragione della propria sospensione dalla Rai (poi licenziamento, poi annullato dal Tar): "Tutto è incominciato" – dice – "nel momento in cui ho deciso di fare una fiction tratta da "Il sangue dei vinti" di Pansa; da quel momento sono stato perseguitato".

Signori, questa è Rai Fiction!

Hornby stronca gli ebook reader

Nel suo blog Nick Hornby parla di due dei lettori di ebook in commercio: Iliad e Kindle; e il suo giudizio è inesorabilmente negativo. L’autore di About a boy elenca varie ragioni per cui i reader non avranno diffusione; ma l’unica ragione concreta (e anche l’unica sulla quale Hornby ha ragione) è il prezzo assurdamente elevato dei vari reader (Iliad e Kindle sono i più cari, tra l’altro): prezzi da gadget di lusso, non da device a larga diffusione.

Esagerazioni estive

Un sacco di gente, tra ieri e oggi, ha scritto cose incazzatissime contro il PD per l’astensione di ieri alla Camera. Anch’io, tra l’altro. E Gilioli. E poi, su Friendfeed, eccoti una sfilza di critiche del tipo "ah, e io che l’ho anche votato, questo PD!" "Avevano ragione gli astensionisti!".

Bon, le cose scritte su Friendfeed vanno prese per quel che sono, lo so (specie quando sono dentro un messaggio ironico) ; nondimeno non vedo perché non ricordare (non si sa mai) che  se è vero che le critiche alle scelte politiche del PD sono legittime (e forse anche utili) proprio quando vengono dagli elettori di quel partito, tuttavia dire "se lo sapevo non lo votavo" oppure "meglio l’astensione" è accettabile solo all’interno della giocosità delle friendfeeddiane conversazioni, e dunque senza prendere tali esternazioni sul serio.

INFATTI se si dovesse prender sul serio quei discorsi lì, sarebbe inevitabile replicare che il PD è nato, con posizioni come quella espressa ieri; che su certi argomenti sappiamo benissimo tutti (e lo sapevamo anche il 13 aprile) che il PD non si esprimerà; e inoltre – e soprattutto – vorrei ricordare che in un sistema quasi bipolare e quasi maggioritario come il nostro NON si vota il partito che ci rappresenta in pieno ma quello meno peggio (meno distante); e l’astensione, come è noto, equivale ad un voto dato alla parte opposta.

Fa caldo, ma che sto a scrivere? Bof!
E dire che volevo buttar giù una recensione di Rainbows End…