Il coraggio di Grass

Oggi su Repubblica Gustavo Zagrebelsky (che non è solo un costituzionalista di chiara fama) interviene in difesa di Günter Grass – per la nota rivelazione recente – con un argomento, mi pare, originale. Z.(agrebelsky) applica un concetto weberiano: un intellettuale deve far conoscere il proprio lavoro e non la sua persona e i fatti suoi. Quando la fama di un intellettuale si allarga fino a comprendere anche lui come persona, allora lui diventa un personaggio, e ciò non è bello, è una degenerazione.
Ovviamente questa personalizzazione di un autore è cosa che accade, come no?; e, aggiunge Z., accade per responsabilità condivisa del mercato editoriale, del pubblico, dell’autore stesso.
Da questo assunto Z. argomenta che la presunta ‘colpa’ di Grass (ovvero l’aver atteso 60 anni per dire di esser stato, da ragazzino, nelle SS) è pressoché inesistente: infatti, se Grass avesse confessato prima di essere famoso, la cosa sarebbe stata irrilevante al di fuori della sua cerchia di conoscenti; se avesse confessato dopo, la cosa al contrario avrebbe colpito e marchiato non solo la sua persona ma tutta la sua opera – ma ciò per effetto di quella personalizzazione dell’autore che dall’autore stesso dipende solo marginalmente, e che comunque è un fatto degenerativo (secondo Weber e Z.).

Ora, io sono d’accordo con Z., però la sua argomentazione mi pare un po’ artificiosa e piuttosto anacronistica.
Artificiosa perché l’ideale di intellettuale che resta nell’ombra rispetto alla sua opera è appunto un ideale, un’astrazione (un valore etico, al limite) e non funziona applicarla retoricamente a casi reali. Anacronistica perché, insomma, il mondo va in un’altra direzione, e non da oggi: gli autori oggi sono tenuti ad esporsi come persone, persino quando non sono famosi; perciò  l’ideale weberiano, condivisibile o meno, è defunto, e bisogna pur tener conto di ciò.

Tuttavia, dicevo, concordo con la difesa di Grass.
Fermo restando che la sua presunta colpa non è certo di aver indossato la divisa delle SS a 16 anni, in quel contesto e in quel momento, bensì di non averlo rivelato prima, mentre sferzava la coscienza tedesca e quella di tutto l’occidente con lucidità e acutezza; fermo restando questo, credo si debba considerare che a) non conosciamo i motivi concreti e personali del lungo silenzio di Grass e quindi non possiamo giudicarlo; e b) che averlo detto prima, molto prima, avrebbe in effetti screditato la sua voce e la sua influenza in anni durante i quali tale discredito non sarebbe stato dannoso solo per Grass stesso ma anche per l’intera società tedesca. E ciò non solo perché Grass è diventato presto un personaggio e una voce pesante, ma anche perché non stiamo parlando di un autore di romanzi fantasy o rosa, bensì di un intellettuale che è intervenuto moltissimo nel dibattito sociale e politico della Germania e dell’Occidente. So che questo suona molto "pragmatismo togliattiano", ma la differenza sostanziale è che io questa valutazione la faccio a posteriori. (Grass l’ha fatta a priori? Non si sa. Vedi punto a).)

Infine, su un altro punto concordo con Z.: nel sottolineare che Grass la sua confessione l’ha fatta spontaneamente, senza alcuna forzatura o valutazione opportunistica (chi pensa che l’abbia fatto per pubblicizzare la sua autobiografia in uscita è in mala fede: un premio Nobel celebre come Grass ha bisogno di autopromuoversi? LOL!). Poteva continuare a tacere, e invece, a 78 anni, ha parlato di questo lontano errore giovanile e di come ciò abbia pesato sulla sua coscienza in tanti anni.
È un gesto di coraggio, da ammirare.

Un nuovo articolo di David Foster Wallace

Federer come esperienza religiosa

Neanche a farlo apposta, se ne parlava oggi, di quel genio di DFW, ed ecco che sul New York Times  viene pubblicato un suo nuovo, lungo articolo sul tennis.
Chi ha letto "
Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più" avrà presente come l’ex tennista juniores Wallace scrive di Tennis. Tant’è vero che il nuovo articolo si intitola "Federer as Religious Experience".
E ovviamente dire che parli di tennis è come minimo superficiale.

L’articolo sta qui, ma bisogna registrarsi (gratis) per leggerlo.
In alternativa posso spedire la versione solo testo a chi ne fa richiesta.

Update: ora che ho finito di leggerlo, posso dire che l’articolo è interessante ma avrei delle obiezioni sulla evoluzione del tennis enfatizzata da DFW: 1. Federer non "discende" da Lendl ma piuttosto dal quel gruppo di giocatori americani che iniziarono ad anticipare molto i rimbalzi, il più celebre dei quali (e ancora in attività) è Agassi (all’epoca pieno di capelli e vestito, in campo, come un writer), il cui gioco veniva paragonato ad un flipper.
2. Nel dire che Federer è il primo giocatore che supera il periodo dei top-tennisti di pura potenza e repidità, Wallace dimentica ingiustamente Pete Sampras.

L’arte temporanea à la “Je me souviens”

A Tubinga, in casa di un tizio, c’è il Museum of Temporary Art. Al di là del bel calembour (arte contemporanea, temporanea), l’argomento mi interessa assai. Dovrei farci un post, uno di quelli noiosi.
Questo "museo" è una scatola con 33 cassetti contenenti oggetti ordinari che, per l’autore di questa iniziativa, sono legati a fatti o ricordi significativi. Quasi il principio con cui è scritto il libro di Georges Perec "Je me souviens" ("Mi ricordo", Bollati Boringhieri 1988).

Questa "esposizione" è inoltre aperta al contributo di chi vuole segnalare un proprio oggetto. Penso mi piacerebbe mandare qualcosa (pigrizia permettendo).

Con l’occasione ricordo che del libro di Perec esiste una versione on line con l’aggiunta di link per tutte le voci ricordate.

Segnalazioni di passaggio: Il sito dei suoni del mondo

Ho una scorta di siti carucci bookmarcati da segnalare, ma prima di sobbarcarmi tale onere (rinviabile senza danno) vorrei linkare Soundtransit, ovvero il sito che raccoglie brevissimi file audio di rumori registrati in varie parti del mondo (c’è anche la mappa, chiaro), quasi a voler fare un reportage di viaggi immaginari puramente auditivi.
Cioè, niente di nuovo, per carità; ma io trovo irresistibili certe rappresentazioni (totalmente soggettive, veh!) di un luogo costruite con pochissimi tratti – suoni in questo caso, piuttosto che parole o immagini. Tutto ciò ovviamente non ha niente a che fare con gli intenti del sito in questione, tuttavia io lo linko. Ci sono circa un migliaio di suoni e vari criteri di ricerca.
(Per esempio, questo mercato del pesce a Torino; o questa agghiacciante notte libanese; o questo temporale in Croazia.)

Che cos’hai nella test?

Ennesimo test – fatto benino, però – per identificare la propria visione del mondo. QUI.

Il mio risultato:

You scored as Modernist. Modernism represents the thought that science and reason are all we need to carry on. Religion is unnecessary and any sort of spirituality halts progress. You believe everything has a rational explanation. 50% of Americans share your world-view.

Modernist

 
75%

Postmodernist

 
75%

Materialist

 
69%

Existentialist

 
50%

Romanticist

 
25%

Fundamentalist

 
25%

Cultural Creative

 
19%

Idealist

 
6%

What is Your World View?
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(Forse mi sono fatto prendere un po’  la mano dall’idiosincrasia verso le superstizioni. Comunque sono a pari merito anche un postmodernista. )