Da almeno 15 anni chiunque senta anche vagamente parlare dello stato dei conti pubblici italiani ode una costante, un tormentone, una sorta di maledizione fatale da cui dipendono tante delle difficoltà e delle ristrettezze di tali conti: il debito pubblico.
Quasi fosse un cieco Molok o un crudele tiranno che impone la sua decima, il Debito sta lì a castrare le possibilità dello stato sociale e del rilancio economico. Il Debito è superiore al PIL. Il Debito è uno strozzino che chiede totmila euro ad ogni bambino che nasce. Il Debito ci declassa, ci sputtana; ha già messo le mani su ciò che produrremo negli anni a venire.
Ma ‘sto debito pubblico, ma chi cazzo l’ha fatto?
Chi sono quei disgraziati che si sono indebitati al punto che lo Stato italiano continua oggi a pagare gli interessi e ad indebitarsi per pagarli? E quando? E’ il caso di ricordarlo.
Un grafico centrato sugli euforici anni ’80 aiuta a individuare il momento in cui il bilancio pubblico è stato buttato a puttane:
All’inizio del decennio il debito pubblico era il 60% del PIL. Una situazione quasi ideale. Nel 1991 lo ritroviamo intorno al 110%: poco più di quanto è oggi.
Per 10 anni, infatti, i governi della coalizione nota come Pentapartito (DC, PSI, PRI, PSDI, PLI) hanno allegramente speso e sparso. I soldi finivano? Si facevano altri debiti (vendendo BOT e CCT). C’era da pagare gli interessi su quei titoli? Se ne vendevano degli altri! C’era da finanziare dei lavori il cui costo era cresciuto del 1000% rispetto al preventivo (tangenti incluse, si presume)? Basta fare qualche altro debito!
Ora, chi erano i politici che hanno governato l’Italia in tal modo, lasciando un’eredità di segno negativo che dura ancora oggi?
Per ricordarlo basta aggiungere dei nomi e delle facce al grafico di sopra: