John Kenneth Galbraith is dead

C’era questo libro che lessi parecchi anni fa – almeno 20 – "L’età dell’incertezza", appunto di John Kenneth Galbraith, che dava un’immagine piuttosto illuminante della crisi economica degli anni ’70, della storia economica e politica del’900, dell’evoluzione del capitalismo mondiale. (Qua c’è una specie di riassunto del libro). Cose magari discutibili e probabilmente datate; ma che parevano eccezionali e acutissime, comparate, per esempio, con "La locomotiva Italia", pamphlet di regime che un allora craxiano ossequioso come Giuseppe Turani pubblicava pochi anni dopo, prefigurando un illusorio boom del Belpaese guidato da Bettino  – a colpi di tangenti.

http://johnkennethgalbraith.com/

…O è pura?

Altra produzione giocosa oulipiana di Gilles Esposito-Farese.  CORREZIONE! La carta d’Europa trasformata in anafonemi è opera di Jean-Claude Breton, e non di M. Esposito-Farese.

cliccare sulla foto, sennò non si legge mica

Pessimismo e fastidio

E anche un po’ di schifo.
È l’effetto che mi fa vedere l’on. Pecorella che assiste sorridendo, con la toga indosso, alla lettura della sentenza con cui il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta della Procura di fare il processo di appello contro Berlusconi nel processo SME. I giudici milanesi hanno sentenziato che l’appello non si può fare perché così indicato dalla legge Pecorella, scritta appunto dall’avvocato e deputato di Berlusconi.

14 milioni di multa alla RAI

Berly, li paghi tu?
Il Direttore generale della RAI Alfredo Meocci, messo lì da Berlusconi, è stato dichiarato incompatibile con quella carica dall’Authority per le Telecomunicazioni. L’incompatibilità, secondo la legge di istituzione delle autorità di garanzia del 1995, era del tutto evidente, ma Berly e la sua ex-maggioranza avevano deciso, tanto per cambiare, di fregarsene.
L’Authority ha anche condannato la RAI a pagare una multa di 14,3 milioni di euro. Chi dovrebbe pagarli è piuttosto palese.

Il 25 aprile tendo a ricordare ciò che lo precedette

El testament Coràn

In ta l’an dal quaranta quatro 
fevi el gardòn dei Botèrs: 
al era il nuostri timp sacro 
sabuìt dal soul del dovèr. 
Nuvuli negri tal foghèr 
thàculi blanci in tal thièl 
a eri la pòura e el piathèr 
de amà la falth e el martièl 
[…] 
Lassi in reditàt la me imàdin 
ta la cosientha dai siòrs. 
I vuòj vuòiti, i àbith ch’a nasin 
dei me tamari sudòurs, 
Coi todescs no ài vut timour 
de tradì la me dovenetha. 
Viva il coragiu, el dolòur 
e la nothentha dei puarèth!

IL TESTAMENTO CORAN. Nel mille novecento quaranta quattro facevo il famiglio dei Botèr; era il nostro tempo sacro, arso dal sole del dovere. Nuvole nere sul focolare, macchie bianche nel cielo, erano la paura e il piacere di amare la falce e il martello. […] 
Lascio in eredità la mia immagine nella coscienza dei ricchi. Gli occhi vuoti, i vestiti che odorano dei miei rozzi sudori. Coi tedeschi non ho avuto paura di tradire la mia giovinezza. Evviva il coraggio, il dolore e l’innocenza dei poveri! (Da La meglio gioventù)