La firma spot

Il segretario del PD Pierluigi Bersani ha lanciato pochi giorni fa l’ultima iniziativa nazionale del suo partito: chiedere le dimissioni di Berlusconi sull’onda dell’inchiesta milanese per concussione e prostituzione minorile.

Sorvoliamo sul fatto che ci sono state, negli ultimi 17 anni, numerose motivazioni altrettanto valide per chiedere quelle dimissioni che il PD – e prima DS e Margherita, PDS e PPI – ha lasciato passare senza prendere una posizione netta. Sennò sembra che si cerchi sempre il pelo nell’uovo democratico.

Sorvoliamo. E diciamo invece che, evviva!, una presa di posizione decisa, finalmente! La Principale Forza Politica A Lui (Berlusconi) Avversa mette da parte il dalemiano tatticismo e si spende, con tutto il suo peso residuo, per dire in modo forte e chiaro che il Vecchio Satiro amante della “carne fresca” se ne deve andare.

Bene. Evviva.

Ma ecco che, forse per dare continuità a stagioni piene di errori ed orrori (non esauriti, per altro, vedi Napoli e Veltroni), Bersani sceglie di impostare la richiesta di dimissioni del PD a Berlusconi come una “raccolta di firme” in tutte le piazze italiane; di più: annuncia che saranno raccolte 10 milioni di firme.

Ora, nel 2007 fa ridemmo tutti dei gazebo di Berlusconi che in tre giorni, diceva lui, avevano raccolto 7 milioni di adesioni (di cui parte online). Alcuni si divertirono anche a “firmare” la raccolta online con nomi come Paolino Paperino o Bettino Craxi. Era evidente a tutti che l’annuncio di B. era una delle solite sparate demagogiche tese a raccogliere un risultato mediatico. (*)

Insomma, se raccogli delle firme devi farle autenticare. Devi avere lì, in ogni punto di raccolta, un pubblico ufficiale che ne certifichi la correttezza. Sennò è ovvio che nessuno crederà che sono firme vere, messe lì di pugno da cittadini reali, e non invece moduli riempiti per fare numero dal funzionario di partito (**). Certo, una larga parte della popolazione italica non noterà questo sottile distinguo, e quindi per loro l’effetto propagandistico e di pressione politica sarà efficace. Berlusconi campa politicamente da 17 anni facendo leva su questo tipo di demagogia e cercando consenso tramite l’effetto mediatico delle sue esternazioni (aiutato dal fatto di essere il quasi monopolista della tv nazionale). E’ la “politica degli annunci”. Ma il PD, e Bersani in primo luogo, non l’ha sempre criticata, la “politica degli annunci”?

Detto questo, io capisco benissimo la volontà del Segretario nazionale del PD di utilizzare e far funzionare l’organizzazione periferica e territoriale del partito (Bersani non ce le ha, le televisioni). In questo senso andava anche l’altra iniziativa annunciata con forza da Bersani a agosto e settembre: “In autunno faremo la più grande campagna porta-a-porta che si sia mai vista” per far conoscere le proposte del PD. (Il risultato non mi pare abbia lasciato traccia, ma chissà, forse è stata una semina i cui frutti verranno poi. Ne dubito, eh.) Credo però che Bersani sappia anche che l’organizzazione periferica del suo partito è molto più debole e virtuale di quanto si voglia far credere.

Infatti la scelta di proclamare subito l’obbiettivo – i 10 milioni di firme – rivela la volontà di puntare più che altro sull’annuncio.

A me pare che sarebbe stato più serio fare una manifestazione di piazza, o anche una campagna di propaganda su questa richiesta di dimissioni. O tutt’e due le cose; ma senza ricorrere al giochino delle firme in carta libera.

Se si vogliono raccogliere firme, le firme dei cittadini, ci si preoccupa anche di autenticarle. Anche per rispetto dei cittadini.

(*) Poi ci provò Veltroni nel 2008, a raccogliere “5 milioni di firme”. Iniziativa fermatasi all’annuncio.

(**) Per carità, sono certo che nella larga maggioranza dei casi questo non accadrà.