Referendum, update: niente Election Day

Da una riunione della maggioranza tenutasi oggi è uscito fuori che “… la maggioranza ha accantonato definitivamente l’ipotesi di accorpare la consultazione referendaria con le europee e le amministrative del 7 giugno.”

Una fortuna per le opposizioni che potranno così continuare ad usare l’efficace argomento dello spreco di denaro pubblico (argomento demagogico ma efficace) in campagna elettorale.

Ma come mai Berlusconi si è fatto sfuggire l’opportunità di avere una legge elettorale perfetta per il suo regime mediatico? Probabilmente perché non avrebbe potuto ottenerla: l’arma della crisi di governo impugnata dalla Lega avrebbe potuto bloccare il voto referendario un’altra volta.

I referendum già indetti, infatti, si sospendono per un anno quando ci sono le elezioni politiche. Ma tale sospensione scatta quando il Presidente della Repubblica firma il decreto che indice le elezioni politiche (Legge n.352/1970, art. 34); quindi non basta la crisi di governo per far slittare il referendum al 2010. Però ci sono anche i tempi ristretti: un eventuale governo istituzionale o balneare dovrebbe entrare in carica rapidissimamente per poter indicare come  data del referendum il 7 giugno.

Tutto sommato, quindi, il rischio che il referendum non si svolgesse – causa ricatto della Lega – era alto. Non vedo altra spiegazione al fatto che Berlusconi abbia rinunciato a far svolgere il referendum assieme alle Europee il 7 giugno.

Per altro, anche fissando la data del voto referendario al 14 giugno, non è detto che Berlusconi rinunci a cercare di far raggiungere il quorum, usando oppurtunamente l’armamento mediatico di cui lui e solo lui dispone.

Il PD e il referendum-suicidio

Tra le molte fesserie perpetrate nella fase costituente del PD c’è quella di aver inserito nella sua Carta dei valori la cosiddetta vocazione maggioritaria del partito. È un’espressione ambigua (come gran parte di ciò che sta scritto in quel documento) che però ben si combina con l’altra clamorosa fesseria che va imputata a Veltroni e ai suoi dirigenti, cioè il “partito leggero”.

La “vocazione maggioritaria” nella Carta dei valori è un errore per due ragioni: primo, non è un concetto che può essere uno dei valori fondanti di un partito, quindi è assurdo e strumentale inserirlo nella Carta dei valori (puoi parlare di democrazia dell’alternanza, nella Carta dei valori; di valore della sintesi; non di una cosa sostanzialmente tecnica come il maggioritario; neanche sciroppando il concetto con retorica nonsense);
secondo, in una situazione come quella italiana, con l’anomalia Berlusconi e la sua spinta verso un regime demagogico, il modello anglosassone – bipartitismo, alternanza e maggioritario – non è realizzabile, al momento. Manco a parlarne.

Questa era una premessa. (Si può stare dentro il PD e non condividere punti del suo statuto. Ecché!)

Ma era sul referendum che volevo dire due cose.

Il segretario Franceschini ha sposato la richiesta di effettuare il referendum insieme alle Elezioni europee, ed ha lanciato una campagna in tal senso che denuncia lo spreco di denari pubblici che si avrebbe effettuando il referendum la domenica successiva alle Europee (come chiede la Lega). Tale richiesta è venuta anche da aree di minoranza del PD, come i “giovani” Scalfarotto, Civati, Sofri etc.

Bene. La legge elettorale che uscirebbe dai tre quesiti del referendum (vincendo i sì, chiaro) è un maggioritario secco, alla Camera, e un maggioritario regionale, al Senato. Ovvero, il partito che prende più voti a livello nazionale riceve la maggioranza assoluta dei deputati (il 55%, art.9 comma2); in ogni regione, il partito che prende più voti riceve il 55% dei senatori di quella regione. Non sono previsti premi di maggioranza per coalizioni di partiti (questa è la principale modifica introdotta dal referendum). Restano le soglie di sbarramento, 8% e 4%, ma si applicano ai singoli partiti e non alle coalizioni.

Nel quadro politico attuale, se si votasse con la legge che uscirebbe dal referendum, il PdL avrebbe perciò sicuramente la maggioranza assoluta alla Camera, anche senza la Lega Nord. Al Senato, invece, Il PdL potrebbe avere o non avere la maggioranza assoluta da solo; ma quasi sicuramente la avrebbe (specie dopo la vergognosa operazione di propaganda legata al terremoto in Abruzzo).

In sostanza si andrebbe ad un sistema bipartitico, con l’aggiunta di pochi  senatori della Lega e dell’Udc (e di Di Pietro, forse). Una situazione favorevolissima a Silvio Berlusconi che avrebbe la maggioranza assoluta senza bisogno di alcuna alleanza.

Un sistema bipartitico non è una iattura di per sé (a me non piace, ma vabè), e in teoria si capisce bene come i due principali partiti italiani possano vedere di buon occhio quel sistema. Ma di nuovo va considerata la particolare situazione italiana e l’anomalia patologica dovuta al fatto che Berlusconi controlla la quasi totalità dei mass media. A ciò si aggiungano le velleità dittatoriali mostrate più volte dal leader del PdL, anche nelle recenti proposte di legge più volte annunciate (più poteri al premier, riforma della Magistratura, leggi da Stato di Polizia, divieto di intercettazioni telefoniche, pene più pesanti per i reati di stampa). La legge elettorale che uscirebbe dal referendum trasformerebbe quindi il regime di fatto in cui già si trova questo Paese in una sorta di monarchia assoluta.

La cosa abbacinante è che questo processo pare essere favorito dal PD. La richiesta dell’election day è un ottimo argomento di propaganda, ma il rischio tragico è che la richiesta del PD venga accettata dal Governo e che il referendum passi, con ciò che ne segue.

La data del referendum dovrà in ogni caso essere fissata entro pochi giorni.

Sciacalli

Dopo aver fatto per due giorni lo sciacallo mediatico tra le macerie del terremoto, mostrandosi in tv ogni mezz’ora a dire che stavano facendo cose meravigliose (e che per i miracoli si stava organizzando), ieri Berlusconi ha tenuto l’ennesima conferenza stampa, ma stavolta da Palazzo Chigi. Il premier ha parlato di varie cose: dei progetti da affidare alle Province italiane (che fino a ieri erano da abolire), della ricostruzione in Abruzzo che richiederà tempo; e anche – di nuovo – del fatto che occorre cambiare la Costituzione in modo che il Presidente del Consiglio abbia più poteri, “perché il Parlamento è lento e un Paese moderno ha bisogno di decisioni più rapide, così come accade in altri paesi“.

Un pensiero fazioso e intriso di dietrologia porterebbe a pensare che, come già fatto nella vicenda Englaro, Berly stia usando il terremoto dell’Aquila per spingere la sua idea di dare l’ultima spallata alla Repubblica parlamentare e alla sua Costituzione e accrescere così il suo potere personale.

Update: “Ho giurato davanti alle bare che nessuno sarà dimenticato“. Poi ha aggiunto che metterà a disposizione le case di sua proprietà. Oltre ogni limite, come sempre.

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Chirurgia estetica veterinaria

Ho letto un articolo che diceva che sta prendendo piede il ricorso alla chirurgia estetica veterinaria. E già questo…

In particolare si riferiva come sia sempre più frequente l’intervento per mettere dei coglioni finti ai cani castrati. “E in genere – aggiungeva il medico intervistato con un certo gusto del grottesco – si richiede che siano un po’ più grossi del normale, questi testicoli finti”.

Ecco, poi non venitemi a dire che, quando i cani mordono, non è colpa del padrone.

(Non ricordo dove ho letto questo articolo. Credo su Repubblica. Mi auguro per altro che si tratti di una bufala.)

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In gita scolastica

Ennesima gaffe di Berlusconi di fronte al resto del mondo: in un cerimoniale con tanto di tappeto rosso arriva nel mezzo di una telefonata e lascia lì in attesa Angela Merkel, tra le risate dei giornalisti. Il TG1 specifica che Berly, al telefono con il premier turco Erdogan, è rimasto lì in riva al Reno mentre arrivavano tutti gli altri leader del G20, e anche per tutta la cerimonia in onore dei caduti.

È un esempio puntuale di ciò che ha detto Franceschini ieri a “L’era glaciale“: “Berlusconi va ai summit mondiali come se andasse in gita scolastica“.

Tra l’altro ieri il premier italiano aveva sbottato contro i giornalisti a causa della precedente gaffe all’incontro con la regina Elisabetta: “Non farò più conferenze stampa con voi!“. Come sempre, è colpa degli altri.