C’era una volta la Democrazia

In un bell’articolo su Repubblica di ieri Gustavo Zagrebelsky parla della democrazia, del ruolo della maggioranza nei regimi democratici, dei rischi di degenerazione che vi sono in tali regimi.
La democrazia si fonda sulla ragione: questa è la tesi che l’illustre costituzionalista fa risalire fino a Pericle. In una vera democrazia la maggioranza può e deve decidere, ma è tenuta a dare argomentazioni razionali e comprensibili delle proprie scelte e di come esse perseguano il bene comune. Quando non accade questo, allora si finisce nel campo della sopraffazione e della violenza, fuori dalla legalità democratica. «Tutto ciò che si costringe qualcuno a fare, senza persuasione, facendolo mettere per iscritto oppure in altro modo – dice Pericle ad Alcibiade – è sopraffazione piuttosto che legge».
La maggioranza democratica, quindi, non solo non può fare qualunque cosa desideri (sarebbe la dittatura della maggioranza vagheggiata da Rousseau), ma deve anche far capire le proprie scelte a tutti, argomentandole sulla base di principi condivisi da tutti – ovvero, nell’àmbito della Ragione pubblica. Diversamente, la democrazia degenera in demagogia (cfr. Luciano Canfora, "Demagogia")

Ora, questo principio è valido non perché lo dice Pericle bensì perché è proprio nel confronto continuo tra molti, tra opinioni diverse che risiede il valore della democrazia. Perché mai, infatti, il potere di decidere non dovrebbe essere affidato ad una élite composta dai migliori, piuttosto che ad una meno qualificata maggioranza? Zagrebelsky fa rispondere ad Aristotele(*), ma qui io faccio una considerazione mia: nella nostra democrazia, oggi, è proprio una élite che detiene il potere – e quanto a considerarla "composta dai migliori"…!
Scopro insomma quest’acqua calda qua: la democrazia rappresentativa (italiana) è in realtà un’oligarchia. E questo non tanto perché a prendere le decisioni ci stanno i rappresentanti della maggioranza del popolo sovrano e non il popolo stesso (la democrazia diretta può funzionare al più in un piccolo villaggio); quanto piuttosto perché questa élite di oligarchi, composta da un pugno di capipartito, ras locali, clientelisti di vario livello, evita sistematicamente di argomentare le proprie decisioni nell’àmbito della ragione pubblica; e non solo fa questo nei confronti della minoranza e dei suoi rappresentanti, ma persino verso quella maggioranza da cui è sostenuta!
Siamo cioè nella situazione in cui un’oligarchia usa demagogicamente il proprio potere per mantenersi al comando. Siamo oltre la dittatura della maggioranza! In una situazione come la nostra (che, evidentemente, è arduo continuare a chiamare "democrazia" in senso classico) Pericle ed Alcibiade avrebbero chiesto asilo a Sparta! E il rischio più grave, in questo quadro, è che l’oligarchia al potere riformi le regole vigenti al fine di conservare la propria posizione di potere e di rafforzarla. Bersaglio: la Costituzione.

(*)Risposta debole, per altro. La ragione vera per stare alla larga dalle oligarchie fatte dalle élite è il fatto che in sistemi di quel tipo manca il controllo.

5 commenti su “C’era una volta la Democrazia”

  1. Perfettamente d’accordo, sulla Costituzione (e non è un caso che sia stata tanto modificata, negli ultimi anni, per rendere sempre più “flessibile” il nostro senso delle giustizia…).

    Sul fatto che la democrazia sia innanzitutto discussione libera e pubblica, mi permetto di segnalare una vecchia ma valida riflessione.

    Saluti

    Giacomo

  2. giacomo: in principi condivisi, in teoria, sono quelli indicati dalla Costituzione (che serve a quello); più in generale l’accento era sul fatto che le argomentazioni debbano essere razionali, cioè prive di dogmatismi e confutabili.

    gabry: certo. notavo il paradosso per cui tra i fondamenti di un sistema democratico si cita il contrario dell’oligarchia, cioè la “somma” di molte opinioni, e poi ci si ritrova proprio in un sistema oligarchico!

  3. a me pare più che altro un’oligarchia democratica, alimentata influenzata e supportata da élite economiche e gruppi di pressione che creano (e abilmente gestiscono) i veri/falsi bisogni della maggioranza

    ciao!

  4. Non ho firmato il precedente commento e mi scuso. Sono il “giacomo” che ha scritto qualche altra volta.

  5. Il problema è capire quali siano i princìpi condivisi da tutti. Temo che spesso si tratti solo di princìpi condivisi da alcuni, accompagnati dal silenzio imbarazzato o obbligato di altri. Se a un certo punto l’imbarazzo o la coercizione scompaiono (perché qualcuno rompe il sigillo e insegna a “fare un po’ come caxxo ci pare”), saltano i confini stessi dello spazio di ragion pubblica.

    E poi: come fondarli questi princìpi condivisi? Mediante la pubblica discussione? Bene: stampiamo qualche milione di copie del Concetto di giustizia di Rawls e di Anarchia, Stato e utopia di Nozick (tanto per citare due classici del Novecento) e recapitiamoli gratuitamente a casa di tutti gli italiani e le italiane. Poi diamo loro un annetto per leggerseli e ragionarci sopra. Poi che si fa? Si discute? Seriamente, eh…

    In assenza di divulgazioni, volgarizzazioni e semplificazioni (= travisamenti), di pregiudizi (= ragionamenti incompleti), di pulsioni identitarie (= simpatie e affinità irrazionali), tutte tra loro connesse (ascolto con attenzione la divulgazione fattami da colui per il quale provo un’istintiva simpatia a causa di una serie di pregiudizi ecc.), la gente non potrebbe vivere e agire, temo. Mancano il tempo, la voglia e le capacità perché la democrazia oggi (e anche ieri, se è per questo) abbia un senso. Forse la democrazia per funzionare deve essere oligarchica?

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