Cose brutte

Prendere le impronte digitali ai Rom è una cosa brutta.
È una discriminazione violenta, un atto di razzismo, un gesto di pura demagogia populista, è chiaro; ma è anche una cosa brutta.
Non nel senso di Aldo-Giovanni-Giacomo che fanno i Ticinesi scemi ("Bruttobruttobrutto!") bensì intendo dire che la prepotenza della decisione del ministro degli Interni Maroni sdogana una forma di razzismo di Stato che richiama terribili memorie storiche e avalla i peggiori sentimenti della peggior parte dell’opinione pubblica.
No, non esiste il rischio che alla schedatura seguano le deportazioni di massa ecc.; nondimeno chi ha citato i celebri versi (attribuiti di solito a Brecht) sull’indifferenza lo ha fatto in modo calzante: violenze di Polizia, arresti poco giustificati e interventi brutali per separare nuclei familiari potrebbero verosimilmente essere il seguito dell’azione contro i Rom.

Azione che è evidentemente pura propaganda: schedare gli zingari (*) è decisamente molto più facile che intervenire contro la criminalità organizzata e le sue propaggini finanziarie, imprenditoriali e politiche.
Ma soprattutto la schedatura tramite foto e impronte è un atto di Polizia, un trattamento che finora è riservato ai criminali (tant’è che non si accetta l’idea di fare la stessa cosa a tutti i cittadini italiani, anche se non farebbe una gran differenza rispetto alla "schedatura" anagrafica che tutti subiamo senza problemi).

Sarebbe bastato, per togliere ogni contenuto discriminatorio al provvedimento, decidere di prendere le impronte a tutti coloro che non sono diversamente identificabili ai controlli di routine. Non hai i documenti con te? Ti prendiamo le impronte (e pure un campione di DNA, va’). Ma nessuno accetterebbe un provvedimento di questo tipo, proprio perché si tratterebbe di una schedatura ad opera del Ministero dell’Interno di fronte alla quale ogni cittadino si sentirebbe trattato da delinquente e tenuto sotto controllo dalla Polizia.
Ma la stessa parte dell’opinione pubblica che non accetterebbe di esser trattata così accetta – con una certa soddisfazione – che tale misura venga presa nei confronti degli zingari. E senza che ci sia bisogno di alcuna giustificazione ragionevole (la sortita di Maroni sull’ipocrisia di chi lascia che i bambini Rom vivano negli accampamenti è il più alto esempio di non sequitur e insensatezza che ho sentito ultimamente).

Sorvolo sulla concomitanza – da autentico teatro dell’assurdo – per cui allo stesso tempo si prendono lo impronte digitali ai Rom  – per poter perseguire i loro reati e far sentire più sicuri i cittadini – e allo stesso tempo si vietano le intercettazioni telefoniche, impedendo così di perseguire reati molto più gravi.

Per altro, cavalcare la xenofobia e la paura, a quanto pare, è stata una delle scelte vincenti dell’ultima campagna elettorale; tant’è che oggi non si sente più nessuno ricordare che la cosiddetta "emergenza sicurezza" è totalmente smentita dai dati degli ultimi anni, o che la presenza di immigrati in Italia resta tra le più basse in Europa (durante la campagna elettorale fu il Ministro Amato a ricordare, timidamente, questi dati). Neanche l’opposizione ci prova, a dire che la realtà italiana in termini di sicurezza e criminalità non è quella propagandata dalla maggioranza e dai media: è considerata una posizione perdente e, come tale, va abbandonata. Non importa se si tratta della verità.

(*)Noto, en passant, che il termine "zingaro" è tornato in uso nel politically correct. Qualche anno fa era stato abbandonato perché considerato dispregiativo, e sostituito dal neutro "nomadi".

3 commenti su “Cose brutte”

  1. ahh fortuna! perché di solito metto link a caso 😀

    (certo che è pertinente che credevi!)

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