Aldo Nove su Manganelli

Su Repubblica di oggi, in una delle insulse paginate monotematiche della domenica, un tot di scrittori rispondono alla domanda su quale sia il loro ‘luogo letterario’ prediletto. Qualcuno intende ‘luogo letterario’ come luogo reale che ispira l’immaginario letterario, altri come luogo immaginario descritto in qualche pagina.
Tra questi ultimi, Aldo Nove risponde con una dichiarazione d’amore per Giorgio Manganelli che condivido (del resto ho adorato e utilizzato quel romanzo massimamente topologico che è "La palude definitiva") e dunque riporto (con qualche appunto, ehm):

"I luoghi letterari che amo di più sono i deserti lisergici di Manganelli. Mi fanno venire in mente le opere, quasi di un Manganelli attualizzato, di Mark Ryden [Devo indagare chi sia! Nota PB], quello dei teletubbies depressi in lande desolate e della bambina che prega la Barbie. C’è un’opera, Dall’inferno, che sprigiona forse più di tutte le altre la visionarità paesaggistica di Manganelli [Non è vero, La palude definitiva di più, Nota PB]. Come un discepolo impazziti di Niels Bohr, a metà tra la fisica quantistica e l’inquietudine di William Burroughs, il luogo descritto in Dall’inferno c’è e non c’è. E fa paura [Qui si potrebbe aprire un interessante parallelo tra i luoghi come la Casa di foglie di Danielewski, da un lato, e l’Ade dell’Hilarotragoedia, la Palude definitiva e l’Inferno manganelliani, dall’altro, Nota PB]. Al suo confronto Stephen King è rassicurante. Come diceva Roland Barthes a proposito di Verne, c’è uno sfondo borghese a rassicurare. In Manganelli c’è una metafisica rivoltante che come un organismo si muove in un territorio delimitato da se stesso [Frase che si capisce a senso se si evita di analizzarla, ehm. Nota PB]. Oltre ogni limite, anche quello kafkiano. In Manganelli non c’è individuo. Non si sa dove si è, non si sa chi si è [Ecco. Altro che Buzzati! Nota PB]. Manganelli sfila il mondo come un guanto e ci scaraventa nel vuoto assoluto  di un’esplosione atomica densa di ritagli di cose e di anime [Uh? Troppo pathos. Nota PB], quelli che Enzensberger, nel suo L’affondamento del Titanic, chiamava "vorticosi souvenir". Mi piace l’idea di vivere in un mondo che è scoppiato, infinitamente relativo. È come la rete, che Manganelli, internauta prima dell’avvento del web, ha reso ontologia. Il blog di un blog [Sarebbe un metablog, cioè un blog dove si parla di un altro spcifico blog; ma mi sfuggono i termini della metafora, confesso. Nota PB] dove tutto è lecito. Il terrore dell’assoluta libertà apparente che ha perno nel vuoto. Aldo Nove.

Update: Mark Ryden è un pittore e illustratore che fa cose così.
In alto: "Saint Barbie", di Mark Ryden, appunto.

28 commenti su “Aldo Nove su Manganelli”

  1. questo nove scrive proprio come un pagliaccio. mark ryden è un noto dipintore di santini e fette di lardo, in alcun modo ricollegabile al manganelli tapiro. dei suoi luoghi, il preferibile è flatlandia, da lui con tanto senno notomizzato.

  2. evacarriego: abbastanza grazie da parte del blog.

    i miei luoghi letterari prediletti restano comunque quelli de “Il franco cacciatore” (Caproni, non Carl Maria von Weber)

    venerandi: qual buon vento? nuove partite a Eschaton?

  3. pbeneforti, ho prenotato da Amazon un libro chiamato “Against The Day”, e firmato TP: dici che devo aspettarmi un rimborso…?

  4. la domanda – del giornalista – è interessante, e certamente non mi viene da pensare a un luogo fisico

    bah, potrei pensare al naturalismo dannunziano o alle descrizioni metropolitane/gargoiliane della letteratura gay degli anni Ottanta

    che bella illustrazione, bellissima

    anche il blog non è male

  5. Stephen King è rassicurante anche in confronto allo stesso Aldo Nove, basta leggere Superwoobinda …

    “Ho ucciso i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo …” Con un libro che inizia cosi’, cosa ci si puo’ aspettare dall’autore? E’ pazzo=)))

  6. taxilento: Sconclusione ancora non l’ho letto. me li centellino.

    sid: allora ad agosto sarai in casa Maigret, neh? 😉

    georg: stranamente capisco sia la metafora che la tua spiegazione esoterica. però non so se le condivido. la metrafora di Nove che non capisco è quella del “blog di blog”

    gabry: che succede quando sfrizzolano i neuroni? ti escono scintille dalle orecchie? 😀

    sensual: per le Barbie, cmq, vedasi A.M. Homes.

    metfis: quando il prossimo quiz? 😉

  7. “un organismo che si muove in un territorio delimitato da se stesso”

    forse alludeva a una dimensione tautologica e insieme autoptica, post-viscerale dei testi manganelliani, una sorta di claustrofobia corporea, l’esplorazione delle proprie premesse o del proprio cadavere che dir si voglia

    (mi piace un sacco spiegare le metafore con frasi ancora più incomprensibili :-)) )

    cmq io preferisco i racconti di centuria (o i saggi del “rumore sottile”)

  8. Ottima cosa, parlare di Manganelli. Un appuntino al Nove: i luoghi manganelliani li direi più onirici che lisergici. (tra parentesi, a Inferno e alla Palude definitiva (che, concordo, è il top del paesaggismo manganelliano), aggiungerei la casa di Sconclusione).

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