Et in arcadia ego

Update:
Voilà, fatta la foto del coso petroso.

(La committenza aveva esigenze precise – excusatio non petita.)


Passato mercoledì, passato giovedì, passato venerdì…
HO FINITO.
Inaugurazione del coso petroso stamani, alla presenza di millanta glorie del ciclismo passato e presente (Alfredo Martini è un grande, confermo; altroché!) Non ho fatto neanche una foto; però poi me le passano, forse.

Puf puf, pant pant. Hurrà.
Mi dichiaro ufficialmente in ferie
.
(Non vado da nessuna parte, eh; ho da fare dei lavori in casa, con calma, perciò resto qua – più o meno. Tranne qualche viaggetto breve breve…)

Daniel “Godiva” Radcliffe

Un bel tot di anni fa alcuni amici di una compagnia di teatro amatoriale mi chiesero di realizzare delle maschere di scena per il loro spettacolo. Lo spettacolo era una roba seria e drammatica: "Equus" di Peter Schaffer, un’opera del 1973 piuttosto datata e incentrata sui disturbi mentali di un ragazzo, Alan. che, in una crisi di follia,  ha accecato sei cavalli.

Daniel Radcliffe, adolescente belloccio noto per aver interpretato Harry Potter nei 5 film finora girati (compreso quello in lavorazione), interpreterà Alan in una versione di "Equus" in scena a Londra l’anno prossimo; e, rullo di pubblicitari, sarà nudo in scena, a cavallo.

Ora, io "Equus" me lo ricordo benino; e questa scena del nudo psicotico sta nel testo ma non ha alcuna ragione per apparire realmente in scena (dato che si tratta appunto di una nudità dovuta alla malattia e decisamente drammatica). Quindi presumo sia un bluff pubblicitario.

Le fan accalorate del giovane Daniel si regolino.

p.s. Per altro, in "Equus" c’è una scena piuttosto hard, ma lì niente nudo. 😉

A che serve avere un blog…

…Se ogni tanto non lo usi per mandare affanculo qualcuno/qualcosa?

Ed oggi è il turno dei farmacisti di FederFarma, che hanno deciso di scioperare ad oltranza per difendere un pezzettino del loro considerevole guadagno, a vantaggio esclusivamente delle proprie tasche e a danno delle tasche dei malati.

Tutte le balle che i farmacisti hanno sostenuto per anni, contro la vendita libera dei farmaci da banco, (cioè sulla indispensabile professionalità necessaria a consegnare la scatolina delle aspirine a chi la chiede) sono così evidenti che non occorre neanche argomentare. Tanto più che nell’ultimo incontro i farmacisti, sapete cosa hanno proposto al ministro Bersani? Di liberalizzare la vendita dei farmaci da banco in tutti gli esercizi commerciali, dagli autogrill ai tabaccai, però dopo aver fatto una lista di quei medicinali da banco che "non sono pericolosi". Che ganzi, eh?

Quanto poi ai farmacisti Federfarma stia a cuore la salute dei loro clienti balza ulteriormente agli occhi con questo sciopero ad oltranza, indiscriminato e selvaggio, che colpirà chi ha più difficoltà a muoversi, chi ha bisogno inderogabilmente di certi medicinali, chi abita in zone con poche farmacie comunali.

Farmacisti Federfarma: andate af-fan-culo sentitamente; e quando ci siete andati VERGOGNATEVI!

Lo so, non è bello, ma che ci posso fare?

Quando sento il nome del premier libanese Siniora mi viene in mente "Invito a cena con delitto".
Quando sento "Hezbollah" mi viene in mente "Helzapoppin".
Quando leggo "kefiah" penso automaticamente "Kafka".
Quando sento dire "Libano" mi vien da chiedere "Ne’ lieti calici?"

D’altra parte quando vedo Calderoli penso sempre che sarebbe legittima difesa.

Aldo Nove su Manganelli

Su Repubblica di oggi, in una delle insulse paginate monotematiche della domenica, un tot di scrittori rispondono alla domanda su quale sia il loro ‘luogo letterario’ prediletto. Qualcuno intende ‘luogo letterario’ come luogo reale che ispira l’immaginario letterario, altri come luogo immaginario descritto in qualche pagina.
Tra questi ultimi, Aldo Nove risponde con una dichiarazione d’amore per Giorgio Manganelli che condivido (del resto ho adorato e utilizzato quel romanzo massimamente topologico che è "La palude definitiva") e dunque riporto (con qualche appunto, ehm):

"I luoghi letterari che amo di più sono i deserti lisergici di Manganelli. Mi fanno venire in mente le opere, quasi di un Manganelli attualizzato, di Mark Ryden [Devo indagare chi sia! Nota PB], quello dei teletubbies depressi in lande desolate e della bambina che prega la Barbie. C’è un’opera, Dall’inferno, che sprigiona forse più di tutte le altre la visionarità paesaggistica di Manganelli [Non è vero, La palude definitiva di più, Nota PB]. Come un discepolo impazziti di Niels Bohr, a metà tra la fisica quantistica e l’inquietudine di William Burroughs, il luogo descritto in Dall’inferno c’è e non c’è. E fa paura [Qui si potrebbe aprire un interessante parallelo tra i luoghi come la Casa di foglie di Danielewski, da un lato, e l’Ade dell’Hilarotragoedia, la Palude definitiva e l’Inferno manganelliani, dall’altro, Nota PB]. Al suo confronto Stephen King è rassicurante. Come diceva Roland Barthes a proposito di Verne, c’è uno sfondo borghese a rassicurare. In Manganelli c’è una metafisica rivoltante che come un organismo si muove in un territorio delimitato da se stesso [Frase che si capisce a senso se si evita di analizzarla, ehm. Nota PB]. Oltre ogni limite, anche quello kafkiano. In Manganelli non c’è individuo. Non si sa dove si è, non si sa chi si è [Ecco. Altro che Buzzati! Nota PB]. Manganelli sfila il mondo come un guanto e ci scaraventa nel vuoto assoluto  di un’esplosione atomica densa di ritagli di cose e di anime [Uh? Troppo pathos. Nota PB], quelli che Enzensberger, nel suo L’affondamento del Titanic, chiamava "vorticosi souvenir". Mi piace l’idea di vivere in un mondo che è scoppiato, infinitamente relativo. È come la rete, che Manganelli, internauta prima dell’avvento del web, ha reso ontologia. Il blog di un blog [Sarebbe un metablog, cioè un blog dove si parla di un altro spcifico blog; ma mi sfuggono i termini della metafora, confesso. Nota PB] dove tutto è lecito. Il terrore dell’assoluta libertà apparente che ha perno nel vuoto. Aldo Nove.

Update: Mark Ryden è un pittore e illustratore che fa cose così.
In alto: "Saint Barbie", di Mark Ryden, appunto.

Birthday Hit Parade

Riprendo paro paro da Zilvia Pensieri-di-carta il link a questo archivio delle hit parade musicali italiane dal 1959 ad oggi – settimana per settimana. Consultandolo, si può togliersi la curiosità di vedere quali canzonette impazzavano in Italia nella settimana della propria nascita.
Per me risulta una hit parade capeggiata da "Da una lacrima sul viso" (Bobby Solo) (che sarà apparsa appropriata alla mamma in travaglio, presumo), con "Non ho l’età"  (Gigliola Cinquetta) al terzo posto (tanto per evidenziare che l’età io ce l’ho, sigh) e con sconosciuti quali Bruno Filippini, Fabrizio Ferretti e Remo Germani nei primi 10.

È divertente anche rivedere le hit parade dei periodi importanti della propria vita: la memoria auditiva, aiutata dai titoli, ha un forte potere evocativo.

HitParadeItalia offre anche una Shit Parade delle canzoni più tremende della musica italiana, formata dai voti dei visitatori del sito.

Chi ne ha voglia dica nei commenti qual è la propria birthday hit parade.

I 50 album che hanno cambiato la musica

Divertente seppur discutibile elenco, questo stilato dall’Observer che indica i 50 album più importanti della musica degli ultimi decenni. Per ognuno dei dischi elencati c’è una breve scheda e una nota che dice quali musicisti e generi musicali non sarebbero esistiti senza l’album in questione.
Per esempio, senza "The Smiths" degli Smiths non avremmo avuto Belle and Sebastian,  Suede,  Oasis, Libertines; senza "The bends" dei Radioheads, niente Keane, né James Blunt., e niente coldplay; senza "My generation" degli Who, spariscono Paul Weller, Blur e Ordinary Boys; senza "Head hunters" di Herbie Hancock niente che sia jazz-funk sarebbe stato concepito; senza "Bringing it all at home" e "Highway 61 Revisited" di Bob Dylan, il rock moderno avrebbe dovuto inventarlo qualcun altro.
Tutto ciò secondo l’Observer, s’intende.