I grandi libri ultracondensati

Sito dedicato a chi non se la sente di affrontare la lettura di Don Chisciotte, Guerra e pace, Moby Dick, Infinite Jest and so on.
Forse è roba vecchia, però sempre divertente.

Alcuni esempi:

Don Chisciotte
Don Chisciotte: "La Cavalleria esige che io distrugga quella cosa malvagia".
Sancho Panza: "No, padrone. E’ una cosa comune e innocua".
Don Chisciotte: (cade)
Fine

Se una notte di inverno un viaggiatore:
Tu credi di star leggendo un riassunto di "Se una notte d’inverno un viaggiatore", ma invece no.
Fine

Tutte le opere di Virginia Woolf:
Virginia Woolf: "La vita è bella e tragica. Mettiamo fiori in un vaso".
Fine

Othello:
Iago: "Tua moglie ti tradisce"
Othello: "Davvero?" (Uccide la moglie) "Cavolo, non era vero".
Fine

Papiro e moschetto

  Settecento e rotte pagine più appendici e indici corposi. "Il papiro di Dongo" (Adelphi), ultima e recente opera di Luciano Canfora, è un librone. Un librone che parla della storia della Papirologia italiana  durante il Ventennio e fino ai primi anni ’50.
Argomento molto specialistico, no? Roba strettamente riservata ai filologi, parrebbe. Eppure io che di papirologia non sapevo niente, di filologia pressoché idem, l’ho letto rapidamente e con soddisfazione (e nemmeno sono culturalmente masochista, almeno in questo caso). Come mai? Me lo sono chiesto.

Il libro di Canfora è un libro di storia a tutti gli effetti; il resoconto di una ricerca storica puntuale e meticolosa, col minuzioso esame comparativo delle fonti e tutti gli altri crismi. E tuttavia è anche un grande racconto: senza nulla concedere all’aspetto narrativo o all’aneddotica, Canfora ripercorre le vicende professionali, politiche e – in parte – personali dei maggiori filologi italiani di quel periodo: il lavoro sui papiri (trascrizioni e traduzioni), i contatti internazionali, gli scavi archeologici, le lotte e le bassezze  finalizzate al prestigio personale e alla gestione delle cariche accademiche e delle cattedre.
"Il papiro di Dongo" esamina soltanto queste vicende. Tuttavia è avvincente. Come mai?
La risposta che mi do non sta solo nella capacità narrativa di Luciano Canfora (che di opere divulgative e ne ha scritte tante); no, secondo me la risposta sta nel fatto banale ma raramente ricordato che la storiografia è anche narrazione; è cronaca; è racconto. Il rigore scientifico e l’obbiettività non escludono necessariamente questo aspetto: la storiografia è narrazione, e può esserlo anche quando è fatta bene (non solo, cioè, quando è mistificazione ideologica).
Certo, le vicende narrate, in questo caso, hanno in sé una certa ricchezza: principalmente il fatto che si inseriscono nel Fascismo, nell’amministrazione delle Università da parte del regime, nei maneggi di potere per ottenere fondi, promozioni, cattedre, pubblicazioni. Non a caso i personaggi costantemente sullo sfondo delle vicende narrate sono Gentile e Bottai, ovvero il filosofo più vicino al regime mussoliniano e il ministro della cultura fascista.

In primo piano, invece, ci sono i filologi: Medea Norsa, Girolamo Vitelli (fino alla sua morte nel 1932), Goffredo Coppola, Achille Vogliano. Nelle storie di questi studiosi di fama internazionale ci sono anche due diversi modi di rapportarsi con il regime: quello di chi cerca di avvicinarvisi il più possibile e cavarne vantaggi personali (Coppola, Vogliano) e quello di chi lo accetta chiudendo gli occhi e cercando di non averne svantaggi (ma senza entusiamo). Il campione dell’opportunismo, della meschinità, della scorrettezza e dell’ambizione è Achille Vogliano: dopo averne lette le ‘gesta’ durante il Ventennio, fa veramente impressione vedere il modo in cui, dopo il 25 aprile ’45, tenta di difendersi dall’epurazione e di riciclarsi in un memoriale che Canfora analizza spietatamente (per altro sia Vogliano che moltissimi altri accademici italiani profondamente compromessi col regime fascista riescono a uscire alla fine sostanzialmente intoccati dal cambio di regime).
Tra quelli che dal Fascismo rimasero distanti, pur senza opporvisi, ci sono invece Girolamo Vitelli (decano dei papirologi italiani, già senatore giolittiano e 73enne all’epoca della marcia su Roma) e la sua allieva e collaboratrice Medea Norsa; quest’ultima è una figura che esce davvero gigantesca dalla ricostruzione di Canfora; e tuttavia, dopo la morte di Vitelli, sarà continuamente mortificata e ostracizzata (pur essendo la maggiore studiosa nel suo campo, non avrà mai una cattedra e finirà cacciata senza ragione anche dall’Istituto papirologico fiorentino ove aveva lavorato tutta la vita), e ciò accadrà solo in minima parte a causa dell’origine ebrea del padre (le peripezie burocratiche che la Norsa affronta per uscire indenne dalle leggi razziali del ’39 hanno del grottesco: una perla è la richiesta, da parte del Ministero di Bottai, del certificato di nascita della madre per stabilirne "l’italianità": senonché la madre della Norsa, triestina, è nata e morta in territorio asburgico ancora ‘irredento’!)
L’ultimo protagonista dello spaccato storico di Canfora è Goffredo Coppola. E’ un caso a sé stante: arrivista e ambizioso ma anche sinceramente entusiasta sia nelle idee politiche che nel lavoro filologico, Coppola è per molti anni vicino al suo maestro Vitelli e alla Norsa. Ma è anche sempre più legato al Fascismo; e dal ’37-’38 la sua ascesa politica nel regime è costante, non solo come corsivista del "Popolo d’Italia" (dove  pubblica articoli così violentemente antisemiti da far impallidire Goering) ma anche come dirigente politico spietato e cinico; soprattutto dopo l’8 settembre 1943 e nella breve parabola della RSI. Infatti Coppola, ormai considerato un cieco fanatico anche all’interno del Partito Fascista, muore fucilato a Dongo assieme ai dirigenti superstiti della Repubblica Sociale (ma anche per lui non mancherà un tentativo di riabilitazione postuma – politica e non professionale -già nei primi anni del dopoguerra). E’ ovvio aggiungere che la sua amicizia e collaborazione con la Norsa diventa ostilità a partire dal ’37-38.
Ed è nel quadro di questa amicizia divenuta ostilità che si percorre infine la vicenda dell’ultimo protagonista del libro di Canfora: il papiro che dà il titolo all’opera. In realtà questi frammenti delle "Elleniche" sono più che altro un casus belli, sia sul fronte accademico che su quello dei rapporti personali: ne lascio la vicenda, dal ritrovamento nel ’33 al dopoguerra, agli eventuali lettori; così come lascio volentieri a chi lavora nell’università il raffronto tra la meschinità di quegli anni e la situazione attuale: si invita semmai a darne spassionato resoconto.

Ecco fatto

Ho ridimensionato tutte le foto dell’ultima schermata. Ora anche quelli che, ahiloro, continuano ad usare Internet Explorer dovrebbero poter vedere questo indegno blog impaginato come YHWH comanda – o come il template di Splinder consente, che è più o meno lo stesso.

Desiderata

Rubando senza scrupoli l’idea a Laurarea, mi pregio sottoporre ai gentili lettori di questo modestissimo bluogo una lista di regali che, qualora volessero, potrebbero farmi in occasione delle imminenti festività babbonatalizie, garantendosi così la mia eterna gratitudine per almeno 12 mesi.
Ecco dunque la lista delle desiderata:


  • Una applicazione plug&play per spostare questo blog sul mio dominio (in alternativa: un corso subliminale accelerato di programmazione html, gestione database MySQL e WordPress).
  • Una buona parola per esporre presso la galleria Maeght à Paris (in alternativa: lo stesso per la galleria di Leo Castelli di New York).
  • Un modo per convincere l’idraulico a finirmi il lavoro in mezza giornata.
  • Uno schiavo che mi sbozzi il marmo (con laboratorio proprio)
  • Un PR e un Commerciale che lavorino a percentuale e sappiano fare il loro fottuto lavoro.
  • Una bacchetta magica che mi riordini e pulisca lo studio senza farmi sparire niente e anzi dandomi contezza di dove si trova ogni cosa.
  • 5 kg di meno (mica per niente, li ho presi da poco, mica posso cambiare un guardaroba che permane quasi immutato da decenni!)

inoltre:

  •  La Biba vorrebbe qualcuno che la accompagni tutti i giorni, per un tre-quattro ore, a scorazzare in un bosco popolato di coniglietti fatti di Ciappi e marzapane.
  •  Il gatto ha detto "niente, va bene così, sto da dio".


Infine, qualche desiderio ad esclusivo vantaggio del bene dell’Umanità intiera:

       – Che spariscano le guerre nel mondo e l’idiozia nei literary blog
       – Che venga installato il teletrasporto tra Torino e Lione
       – Che tutti i testimoni ancora in vita dei delitti politici e delle stragi degli ultimi 40 anni vengano colti all’improvviso dalla Sindrome di Pentothal e da quella dell’Anti-Cassandra.
       – Poi avrei un desiderio su Berlusconi, ma quello lo delego agli elettori e ai magistrati.

Grazie in anticipo e Buon Babbonatale a tutti.