Crucinarrazione – una prova

Comporre un cruciverba è molto divertente. Ne ho fatti tanti, ma poi non scrivo le definizioni né disegno lo schema. Mi fa fatica, e comunque il divertimento è comporli.
Un cruciverba, da un certo punto di vista è il contenitore di molti racconti potenziali. Ora non sto a farla lunga su questo. E’ solo per spiegare il giochetto che ho cercato di mettere insieme: un cruciverba le cui definizioni siano contenute in un testo narrativo; e soprattutto un cruciverba che, una volta risolto, possa essere letto riga per riga, e che formi una sorta di racconto molto ellittico e breve.

Bene, metto qua il primo di due o tre tentativi che ho fatto in questo senso. Il risultato è abbastanza triste, almeno dal punto di vista narrativo (parlare di narrativa è già un’esagerazione).

Questo qua sotto è lo schema che, una volta risolto, forma una sorta di racconto pressoché incomprensibile 🙂


E qui le definizioni, che sono le parti in neretto (messe in ordine progressivo) all’interno dei seguenti brani:

Orizzontali
Ecco dunque la fine della corsa. Naturalmente sono fuori tempo massimo, ma un punto d’arrivo sempre indica il luogo dove ci si trova, comunque.
Ecco, so che sono nella Comunità Europea, tutto qui; senza nessun altro indizio. C’è una cronica, densa foschia in questo periodo storico (ma il passato davvero era tutt’altro che peggio?).
Ho visto tante rabbie, viaggiando: ognuna indica un luogo; ma i delegati politici non sanno rappresentare nessuno di questi odi. Senza inizio, senza ragione, ciascuno ha trovato i propri “caratteri cromatici“, per così dire; le proprie insegne regionali. Così le guerre iniziano ogni lunedì, quando la gente va al lavoro. E naturalmente ciò dentro ad ogni comunità porta aridità e carestia.
Un deputato si alza e introduce un’obiezione; parla forbito e indica se stesso. Non sente che la risposta è una negazione poliglotta (non ci sono traduttori simultanei, nelle strade). Io cerco sempre di tradurre; lo faccio quando riconosco un figlio non mio, per così dire.
Attraverso strade di città (ormai sono tutte quasi cieche) e nascondo i miei piccoli difetti: basta questo a stipulare accordi? Ma nelle mie visioni notturne appare chiaro che non si salveranno neppure quelli più che benestanti (quelli ricchi sfondati, forse). Nel sonno sento risuonare ancora la stessa negazione di prima; e poi grida dimenticate: “A noi!”; “Uber alles!”. L’arcaico rumore, armonioso, della ferocia.
Spero proprio di non fermarmi mai più; neanche una volta.

Verticali
Bevo un succo di diversi agrumi attraversando terreni agricoli su un treno veloce francese. La stazione di partenza però è a Londra. Ho visto confini protetti da lame di aratri
, e folle alzarsi come onde da stadio, ebbre di un liquore all’anice. La rabbia non ha alcuna cautela; i mitra non hanno regolatori di potenza; il loro suono non si preoccupa dei decibel.
Lontano, nel luogo degli antichi romani, l’organizzazione dei terroristi islamici cerca di avvelenare organismi geneticamente modificati. Un’ira senza fine è l’unica cosa che accomuna tutti, attraverso i confini. Non sono solo parole che corrono su America On Line: ci saranno danni fisici; non solo per i contadini francesi; non solo per voi, antichi romani. Anche se non sembra vero: tutto quel veleno sembra preso da un romanzo di stephen king! e ciò che non fa il cibo lo fa l’ago della siringa.
Cade l’aquila, si fa piccolo il leone. Non serve a niente invocare i politici, o il nome papale, o di altri capi religiosi: ora comanda l’Istituto Costruzioni Agrarie: un potere così profondo da non avere fine. E l’unica, flebile reazione degli inconsapevoli è ciò che si dice sbottando per mandar via qualcuno: parole timide, piccoli gesti di fastidio e paura, che non serviranno a niente.
Allora vado a Roma, antica capitale ricordata su compact disc. Nota bene: là il potere ora ce l’ha l’Istituto Trasporti Appia Moderna (non è buffo?). Aggirata, ferita, lesa al centro del suo potere, l’Europa sa solo stilare un Piano Generale Organizzativo in una sala del Campidoglio.
Tre romani, ex-tramvieri e ora agenti di Pubblica Sicurezza, mi arrestano appena arrivato. Chiedono solo se parlo la langue del sud della Francia e mi portano via.
Nella prigione improvvisata si fa l’appello. Quando arrivano a la settima lettera tocca a me: ricevo un numero tatuato al centro della mano.

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