Circeo et circenses

È bello sapere che le forze dell’ordine del Paese con le stragi impunite hanno fatto prodigiosi passi avanti.
Ed è ben giusto che, quando le meraviglie della tecnologia al servizio dell’acume dei nostri valorosi detective attingono dei risultati concreti, è ben giusto, dicevo, che l’opinione pubblica lo sappia e possa così andarne fiera e sentirsi rassicurata.

D’altra parte, anche sdrammatizzare è importante (mai più strategie della tensione!)

E dunque:
24 ore fa il latitante mostro del Circeo n°3, Andrea Ghira, era passato per Roma nel 1995: una foto ai clienti di una mignotta romana (tutti fotografati, non vogliamo sapere perché) era stata analizzata dagli esperti del Ros i quali, misurando le distanze fisiognomiche tratte dalla foto, concludevano con declamata certezza che uno degli zozzoni immortalati era desso, il latitante, il mostro.

Passa meno di una giornata.
Andrea Ghira è morto in Spagna nel 1994: trovato il corpo, confrontate le impronte digitali (?!). Nessun dubbio.

Bon, in attesa di sapere domani se Ghira si appresti a girare "Halloween 36", uno si chiede se per caso negli uffici stampa dei Carabinieri non ci sia  un burlone, un sabotatore, uno che rema contro.
Perché ovviamente non è mica possibile che due fattì così arrivino sulla stampa a  stretto giro di  smentita l’uno dall’altro per puro caso; o per incompetenza. E’ da escludere, no?

Quindi.
Chi è la talpa?

Libri ricevuti in omaggio…

…da dismissione di parenti,
i quali, avendo necessità di recuperare spazi e sconfiggere le ragnatele, han pensato bene di colmare un poco dello
spazio mio – non avendo per altro io difficoltà a convivere con le ragnatele (finché stanno esse al proprio posto, si capisce).

(Per altro, dubito che le ragnatele si possano togliere del tutto, in questo elenco)

Benedetto Croce, "Estetica", Laterza 1958
Benedetto Croce, "Nuovi saggi di estetica", Laterza 1958
Benedetto Croce, "Ultimi saggi", Laterza 1948
György Lukàcs, "Il marxismo e la critica letteraria", Einaudi 1957
Georg (sic) Lukàcs, "Contributi alla storia dell’estetica", Feltrinelli 1957
György (sic!) Lukàcs, "Contributi alla storia dell’estetica", Feltrinelli 1966
J.K. Galbraith, "L’età dell’incertezza", Mondadori 1977
A. Moravia – E. Zolla, "I moralisti moderni", Garzanti 1959
Benedetto Croce, "Breviario di estetica", Laterza 1962
Denis Diderot, "Scritti di estetica", Feltrinelli 1957
Franco Fochi, "Lingua in rivoluzione", Feltrinelli 1966
Aa.Vv., "Sul marxismo e le scienze", Quad. di Critica Marxista, 1973
Pierre Guiraud, "La semantica", Bompiani 1966
Erich Auerbach, "Mimesis", Einaudi 1956
A.J. Ayer, "Linguaggio verità e logica", Feltrinelli 1961
Vico, "La scienza nuova", BUR 1963
Campanella, "La città del sole", Feltrinelli 1979
Antonio Banfi, "Vita di Galileo Galilei", Feltrinelli 1966
G. Lombardo-Radice, "Pedagogia di apostoli e di operai", Laterza 1936
Ludwig Feuerbach, "L’essenza del cristianesimo", Feltrinelli 1960
Theodor W. Adorno, "Terminologia filosofica", Einaudi 1975
Paolo Rossi, "Il pensiero di Galileo Galilei", Loescher 1968
Pietro Rossi, "Gli illuministi francesi", Loescher 1967
Galileo Galilei, "Il saggiatore", Feltrinelli 1965
Muratori, "Dei difetti della giurisprudenza", BUR 1958
Maurice Dobb, "I salari", Einaudi 1965
Giulio C. Lepschy, "La linguistica strutturale", Einaudi 1966
Giorgio Fano, "Origini e natura del linguaggio", Einaudi 1973
G.G.F. Hegel, "Introduzione alla storia della filosofia", Laterza 1946
J.G. Fichte, "L’essenza del dotto", La Nuova Italia 1967
G.G. Rousseau, "Il contratto sociale", Vallecchi 1928
Platone, "Processo e morte di Socrate", BUR 1949
Domenico Tarizzo, "Ideologia della morte", Il Saggiatore 1965
Eugenio Garin, "Cronache di filosofia italiana 1900-1960", Laterza 1966
Franz Altheim, "Il dio invitto", Feltrinelli 1965
N.M. Wildiers, "Introduzione a Teilhard de Chardin", Bompiani 1966
Lewis Jacobs, "L’avventurosa storia del cinema americano" Il Saggiatore 1952
Valentino Martinelli, "Bernini", Mondadori 1953
Virgilio Gilardoni, "Corot", Mondadori, 1953
Virgiglio Gilardoni, "L’impressionismo", Mondadori 1955
Terisio Pignatti, "Lo stile dei mobili", Mondadori 1956
Dino Formaggio, "Van Gogh", Mondadori 1953
Emilio Cecchi, "La scultura fiorentina del ‘400", Garzanti 1960
M.A. Levi-A. Stenico , "Pittura greca", Mondadori 1956
S.M. Eisenstein, "Memorie", Editori Riuniti 1961
Arnaldo Bruschi, "Bramante", Laterza 1973
Robert Alley, "Ultimo tango a Parigi", Garzanti 1973
Filippo De Sanctis, "Alberto Lattuada", Guanda 1961
François Truffaut, "Gli anni in tasca", Armando 1978
Massimo Mida, "Roberto Rossellini", Guanda 1961
Adelio Ferrero, "Jules Dassin", Guanda 1961

fine prima parte. non ho più voglia di ricopiare.

Perec: monografia riedita e accresciuta

Notizia pour les perecquiens: le edizioni Inculte hanno ripubblicato il numero della rivista de l’ARC dedicato a Georges Perec, riveduto ed ampliato. Pare sia possibile acquistarlo on line qui, ma per ora non funziona (magari a novembre).

   Georges Perec (Editions Inculte / novembre 2005) 256 pages / 10, 50 euros

Réédition augmentée et corrigée du volume collectif de la revue de l’ARC consacrée à Georges Perec. Au programme : un long entretien avec Perec, des inédits de l’auteur, des textes critiques signés Harry Mathews, P.OL. Paul Virilio , Bernard-Olivier Lancelot, Jacques Roubaud, Gilbert Lascault, Jean Duvignaud, Julio Cortazar, Bernard Pingaud, Catherine Clément, Robert Misrahi, etc. En postface, un long texte de Laird Hunt, romancier américain et spécialiste de Perec.

Un recensione di ieri su un libro di ier l’altro che mi torna di spunto oggi

Il senso dell’opera d’arte individuale nel mercato massificato della cultura; un particolare significato di "élite".
Rileggo una mia recensione di qualche anno fa (sul libro postumo di William Gaddis "Agàpe, agape", tutt’ora non tradotto in italiano) e mi accorgo di come contenga spunti ancora stimolanti. Mi accorgo anche che ha qualche connessione con discussioni di pochi giorni fa (su Vibrisse, su Lipperatura, su Roquentin).Mi pare persino che le parole di Gaddis prefigurino un uso del web per la letteratura e l’arte ancora oggi non raggiunto.  Mi accorgo infine di aver completamente dimenticato ciò che mi era parso valido quando ho scritto la rece, che perciò ripropongo qui.

Lo straordinario, ultimo testo di William Gaddis esce ad alcuni anni dalla morte dell’autore (avvenuta alla fine del 1998), per sua esplicita volontà.
È un monologo di circa 90 pagine in cui uno scrittore malato terminale di enfisema polmonare (come Gaddis) cerca di ricapitolare e mettere insieme un testo al quale ha lavorato per decenni, un testo che doveva essere una storia della pianola meccanica negli USA come emblema della massificazione e devastazione della creazione artistica.

L’impianto autoreferenziale e autobiografico è fin troppo evidente fin dall’inizio: Gaddis raccolse davvero materiale su quell’argomento per almeno 40 anni, una quantità enorme di materiale per un’opera che poi decise di trasformare in un breve romanzo, "Agape, agape", appunto.
In questa scelta – così come nella costruzione autoreferenziale – è contenuto in parte il senso del testo e le tesi che sostiene: la rinuncia a scrivere un testo desiderato per tutta la vita contiene infatti il soccombere dell’artista singolo di fronte alla società tecnologicamente massificata; e tuttavia questa rinuncia non è una sconfitta, come si deduce dalla ultime pagine del testo.

Il protagonista di "Agape, agape" denuncia dunque l’uccisione dell’artista per effetto della tecnologia, della massificazione del gusto, della democrazia: una tesi indubbiamente elitarista e reazionaria, e certamente non nuova (Eliot, Pound, Jünger si muovono su corde simili, per citare i primi che mi vengono in mente): "…because that’s what it’s about, that’s what my work is about, the collapse of everything, of meaning, of language, of values, of art, disorder and dislocation wherever you look…"
E  ancora: "…where individual is lost, the unique is lost, where authenticity is lost not just authenticity but the whole concept of authenticity, that love for the beautiful creation before it’s created that that, (…) That natural merging of created life in this creation in love that transcends it, a celebration of the love that created it they called agape, that love feast in the early church, yes."

La tesi apocalittico-elitarista per cui l’arte massificata può solo soddisfare l’entertainment e la tecnologia ha permesso ciò (Gaddis cita vari autori, persino Flaubert quando dice "L’unico sogno della democrazia è di elevare il proletariato al livello di stupidità della borghesia") è radicale e non nuova, appunto – tanto meno condivisibile.

Ma il senso del testo di Gaddis, IMHO, non è questo.

Il suo citare Tolstoj (La sonata a Kreutzer), Melville (Moby Dick), Bernhard (Il soccombente, vero modello ispiratore di Agape, agape, tanto che Gaddis scrive nei suoi appunti che sembra che Bernhard abbia rubato le sue idee ancora prima che lui le avesse), du Maurier (Trilby), Huizinga, Freud etc. non serve ad argomentare quella tesi bensì a indicare la affinità tra menti diverse in epoche diverse e la fratellanza (agape) tra queste individualità che è il risultato ancora possibile della creazione artistica – risultato e motore ancora possibile, anche oggi, della creazione artistica.

"…they’d say I’m afraid of the death of the elite because it means the death of me of course I can’t really blame them, I’ve been wrong about everything in my life it’s all been fraud and fiction, let everybody down except my daughters…"
Gaddis parla di sé, in realtà. E nelle ultime pagine il gioco del racconto autoreferenziale svanisce ed è l’autore che parla direttamente al lettore, senza più gioco o ironia (forse da ciò, anche, è venuta l’esigenza di imporre alcuni anni di attesa, dopo la sua morte, prima di pubblicare il testo).

Alcuni versi di Michelangelo (presenti in tutte le opere di Gaddis) esplicitano questo riferimento autobiografico: "O Dio, o Dio, o Dio/ Chi m’ha tolto a me stesso/ Ch’a me fusse più presso/ O più di me potessi, che poss’io?/ O Dio, o Dio…".
Lo scrittore anziano e malato, di fronte alla stesura di un’opera che deve rinunciare a scrivere, punta l’attenzione su quel "se stesso che avrebbe potuto fare di più", sulle possibilità di un artista da giovane frustrate dal mercato tecnologicamente massificato. Frustrate perché? Forse per aver cercato il consenso e l’immortalità in un’epoca in cui ciò è impossibile se non rinunciando a se stessi, appunto ("Quale immortalità se oggi c’è una nuova generazione ogni 4 giorni?", dice Gaddis).

La sconfitta individuale (del Soccombente Friedrich o dello scrittore di "Trilby" Svengali; ma anche di Gaddis che scrive "Il mio primo libro è diventato il mio nemico") è dunque frutto di un’ambizione troppo egocentrica e soprattutto male indirizzata: non il mercato massificato può fruire dell’opera creata dal "se stesso che può fare di più", ma proprio l’autore e soprattutto altri uomini con una sensibilità affine alla sua. In questo senso l’opera d’arte senza compromessi ha ancora senso.
Una tesi fino in fondo elitarista, senza dubbio, ma che assume credibilità come ‘confessione’ individuale (per di più sul letto di morte).
Oltre a tutto ciò, non bisogna scordare di dire che il testo è assolutamente bellissimo.