dov’è lo straniero?

lostranieroceseraniDopo aver letto il libricino di Remo Ceserani "Lo straniero" (Laterza), mi son chiesto quali romanzi contemporanei abbiano frequentato quel tema lì, quello dello "straniero".
Ceserani infatti percorre brevemente la fortuna in letteratura del personaggio dell’estraneo, di colui che si sente esterno rispetto ad una comunità – o che è percepito tale – nelle varie forme che questo tipo assume.
l’excursus va da Ulisse e Medea fino a Pirandello attraverso Boccaccio, Hoffmann, Baudelaire ("Il cigno"), Coleridge, Crane e altri. e l’elenco, anche limitandosi al ‘900, portebbe essere allungato facilmente (Roth, Conrad, Hemingway ecc.).
ma anche oggi il tema sembrerebbe utilizzabile; Ceserani infatti sintetizza gli scenari in cui gli "stranieri" letterari si muovono notando come ogni comunità tenda a chiudersi quando avverte un pericolo, specie se è una comunità piccola. ovvio; ma è evidente che questo tipo di analisi sociologica si adatta anche a comunità molto grandi e evolute, specie se tali comunità sono rese assai piccole da una presenza massiccia di mass media.
Allora immagino che ci sarà molta letteratura, oggi, che prende spunto da questo tipo di conflitto; solo che a me non viene in mente nessun titolo. si vede che non li conosco.
p.s. suppongo che la relazione col post precedente sia ben visibile.

postilla: dopo aver letto l’articolo di Mozzi  su  vibrisse,  mi sorge il sospetto che proprio Moresco  racconti i suoi alter ego letterari come stranieri: stranieri nel senso dello ‘straniamento’, come  in Baudelaire ("
Ainsi dans la forêt où mon esprit s’exile/ Un vieux Souvenir sonne à plein souffle du cor!/ Je pense aux matelots oubliés dans une île,/ Aux captifs, aux vaincus!.., à bien d’autres encor!" etc.).
resta il dubbio: ma i personaggi di Moresco sono stranieri che cercano di inserirsi ed essere accettati o  che si sforzano di  restare isolati in un mondo che disprezzano? non so se il primo caso possa essere scartato tanto facilmente.

4 commenti su “dov’è lo straniero?”

  1. quel che scrive mozzi sulla presenza del corpo è chiaro. più fumoso il dire che oggi ci sono autori-corpi invece che autori-persone. non capisco cosa intenda (forse non lo capisce bene neanche lui, visto come si chiosa); e, se provo a interpretare, non condivido.

    vedo una sorta di contrapposizione tra il filosofo auspicato da derrida (che usa le proprie radici più intime per trovare solidità in mezzo ad una società multiculturale) e lo straniero che si sente in una torre d’avorio. (non so se mi spiego ma non vorrei farla lunga.)

  2. perfetto

    (certo, moresco ha di sé una immagine romantica di questo tipo, e in fondo, non è molto interessante, mentre mozzi parla della presenza autobiografica del corpo nell’opera, che già è una cosa più bitorzoluta. io, comunque, quando lo leggo, moresco, vedo un corpo obeso e lordo, l’opposto di quel che è nella realtà “autobiografica”).

  3. ehm, se non metti il titolo, non ti si può cliccare dai feed, distrattone! (e per favore, non dare tanta rilevanza a moresco, che non se la merita, uffa)

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